Un anno di Sarri alla Juventus: cosa è cambiato con il nuovo allenatore?
Il 16 giugno del 2019 Maurizio Sarri diventava il nuovo allenatore della Juventus: la rivoluzione voluta da Paratici e Nedved è riuscita?
Maurizio Sarri è sulla panchina della Juventus da un anno esatto. Il 16 giugno del 2019, infatti, il club di Andrea Agnelli annunciava l’arrivo dell’ex tecnico di Chelsea e Napoli sulla panchina bianconera. La scelta è stata del nuovo duo a capo dell’area tecnica – Fabio Paratici e Pavel Nedved – ai quali il presidente (“Fosse stato per me avrei tenuto Allegri”) ha dato carta bianca nella gestione sportiva. Il CFO e il vicepresidente della Juventus hanno così deciso di anticipare di un anno il divorzio da Massimiliano Allegri per dare una svolta alla gestione tattica della rosa, passando da un calcio definito “speculativo” e al “sarrismo”, sinonimo di bel gioco è spettacolo. È ben inteso, come ha fatto chiaramente intendere Agnelli, che chi ha scelto il nuovo allenatore si assumerà oneri e onori della decisione.
Alla rosa ritenuta l’anno precedente la più forte d’Europa da molti addetti ai lavori e dalla maggioranza della tifoseria juventina (era arrivato Ronaldo) sono state applicate alcune modifiche. Sono andati via Barzagli (fine contratto), Caceres (fine contratto), Spinazzola (Roma), Kean (Everton), Cancelo (Manchester City), Mandzukic (Al Duhail), Perin (Genoa, p), Emre Can (Borussia Dortmund) e Pjaca (Anderlecht, p). Al loro posto sono arrivati Higuain (Chelsea, fp); Ramsey (Arsenal), Rabiot (Paris Saint Germain), Buffon (Paris Saint Germain), Demiral (Sassuolo), de Ligt (Ajax) e Danilo (Manchester City). Le scelte, come da sempre avviene alla Juventus, sono state fatte dalla dirigenza, con l’allenatore che si è quindi dovuto adattare esattamente come Allegri e tutti gli altri suoi predecessori.
Sarri ha dato un nuovo appeal alla Juventus?
Scelto per dare un appeal diverso dal punto di vista del gioco alla Signora, al 16 giugno 2020 possiamo dire però che poco è cambiato rispetto al recente passato. Il sarrismo, come anche durante la parentesi al Chelsea, se n’è visto pochissimo e a parte la rinascita di Dybala, sono pochi i calciatori migliorati durante questa gestione tecnica. Si diceva che Pjanic sarebbe diventato finalmente il regista perfetto toccando 150 palloni a partita, che il trio offensivo avrebbe fatto tanti gol grazie agli schemi del nuovo allenatore, invece sono stati i singoli campioni con le loro giocate a tenere a galla una squadra che ha segnato meno e subito più gol del passato. Quest’anno la Juve ha registrato la più alta percentuale di vittorie con un solo gol di scarto della storia recente (su 25 vittorie 11 sono avvenute con il risultato di 2-1 e 4 per 1-0).
Per molti l’assunto è che “con questa rosa Sarri possa fare ben poco di meglio”, ma delle due l’una: o Allegri ha fatto anch’egli miracoli con i giocatori a disposizione, oppure qualcosa non quadra. La fortuna è che questa Juventus è in corsa per tutti e tre gli obiettivi stagionali (la Supercoppa era sostanzialmente legata alla passata stagione, ma è stata persa comunque malamente con la Lazio) e quindi va dato atto al tecnico che risultati alla mano non gli si possa al momento dire nulla. Di “Sarriball” solo l’ombra, ma già domani sera Sarri ha la possibilità di rompere quel tabù che recita zero alla casella di titoli vinti in Italia. Perché alla Juventus vincere è l’unica cosa che conta e se a fine stagione il tecnico avrà vinto, della rivoluzione mancata non importerà a nessuno. Così come anche degli scivoloni durante interviste e conferenze stampa (celeberrimo quello dopo la sconfitta rimediata a Napoli).