Mino Raiola, procuratore di alcuni tra i più grandi calciatori in circolazione, ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport, nel corso della quale ha lambito la Juventus in diverse occasioni. Innanzitutto, ha elogiato il lavoro del presidente Andrea Agnelli, che in molti dovrebbero prendere ad esempio.
“Agnelli potrebbe essere l’uomo giusto per cambiare il calcio italiano? Non so dire quanto gli impegni con la Juventus possano consentirgli di occuparsi anche della politica sportiva. Nei primi sette anni della sua presidenza – sottolinea Raiola – , Agnelli ha fatto un lavoro straordinario e l’aggettivo è riduttivo. Sai qual è stata la mossa all’origine di tutto? Scegliere le persone giuste al momento giusto collocandole nel posto giusto. Dietro una grande squadra c’è sempre una grande società dove ognuno sa esattamente come si deve comportare. E sa quando e se deve parlare. Hai notato il modo con il quale Agnelli calibra le sue sortite pubbliche, le interviste, gli interventi sui media? Si comporta in maniera opposta rispetto a De Laurentiis. Se fossi il presidente del Napoli, non parlerei più per un po’, anche per evitare di essere male interpretato a causa del troppo amore per il Napoli. Troppo amore, a volte, fa male”.
Il colpo dell’estate passata è stato il trasferimento di Gonzalo Higuain dal Napoli alla Juve in cambio dei 90 milioni di euro della clausola rescissoria.
“Io non avrei mai comprato l’argentino per 90 milioni. Invece, alla fine, ha avuto ragione la Juve: grazie anche ai gol di Higuain, ha vinto il sesto scudetto consecutivo, la terza Coppa Italia di fila ed è arrivata alla seconda finale di Champions nelle ultime tre edizioni. Per sovrammercato, ha pure indebolito il Napoli che gioca sì un calcio meraviglioso, ma dove sarebbe arrivato se avesse tenuto Higuain? Mandzukic, invece, è il giocatore che io prenderei subito. Nella Juve – evidenzia ancora – ha fatto un salto di qualità eccezionale: è diventato stabilmente un top player di livello internazionale”.
Raiola, poi, non può che riconoscere i meriti di Massimiliano Allegri: il suo triennio è già storico.
“Allegri? Nel suo ambito, vale il discorso che ho fatto per Mandzukic. In questi tre anni di Juve, Allegri è diventato un allenatore pronto per allenare qualunque club di statura mondiale come la Juve. La sua evoluzione dal punto di vista tattico, tecnico e della gestione del gruppo è stata esemplare. Ho letto che resterà in bianconero indipendentemente dall’esito della finale di Cardiff. Ma, se fossi Max e vincessi la Champions, lascerei Torino. Quando arrivi al top, devi cambiare”.
Facendo un passo indietro, l’agente italo-olandese ricorda cosa successe con il suo assistito Pavel Nedved:
“Pavel a Torino non ci voleva proprio andare. Era il 2001, Nedved giocava nella Lazio dal ‘96, era felice – racconta – . Anche perché, una delle prime cose che Dino Zoff fece da presidente, fu adeguare l’ingaggio di Nedved obbedendo a un criterio rigorosamente meritocratico: era il migliore di quella Lazio, ma non guadagnava come i migliori. Zoff, che galantuomo! Davvero una grande persona. Avevo accompagnato Cragnotti in Brasile per tre volte e, ad ogni viaggio con lui, intuivo quanto la situazione del suo Gruppo e, di riflesso, della Lazio, si stesse aggravando. La cessione alla Juve divenne inevitabile. Quei 73 miliardi di lire erano diventati ossigeno puro. Pavel capì e accettò, per amore della Lazio, ma i primi tempi furono durissimi. Non ingranava. Questione di metodologie di allenamento. Può sembrare un paradosso, ma Nedved correva troppo. Una sera, Umberto Agnelli mi chiamò: “Scusi, Raiola, ma il suo assistito non si allena con la Juve?” Risposi: perché? E Agnelli: “Perché alla Mandria, la tenuta alle porte di Torino dove siamo vicini di casa, lo incrocio mentre corre come un forsennato, sia il mattino sia la sera. Ha ingoiato una batteria?”. Scoppiai a ridere e gli spiegai che Nedved è sempre stato così: si allena il doppio rispetto ai compagni. E nel 2003 il Pallone d’Oro non l’ha vinto per caso. Pavel è un formidabile vincente: il suo percorso dirigenziale nella Juve lo conferma. E’ uno che, quando arriva in cima a una montagna, non si ferma. Continua a scalare”.
Infine, Moise Kean: da giorni si parla di un nuovo contratto, che però non garantirebbe la permanenza in bianconero: il giovane attaccante potrebbe finire in prestito in Olanda.
“Il gol di Bologna non mi ha meravigliato. Moise diventerà un vero fenomeno. Ha 17 anni e, alla sua età ne ho visti pochi così forti come lui. D’accordo con la Juve, stabiliremo come regolarci per la prossima stagione. In questa, Kean ha saltabeccato fra la Primavera, le nazionali giovanili e la prima squadra: per continuare a crescere, ha bisogno di giocare con grande continuità. A meno che non venga trapiantato in pianta stabile in prima squadra. C’è anche un’altra ipotesi: un anno in prestito in Olanda, in un campionato che continua a migliorare quanto a tasso tecnico. Tatticamente – conclude Raiola – , la scuola arancione è di prim’ordine”.