A distanza di un anno siamo passati da “l’allenatore è l’unico problema” a “l’allenatore è l’ultimo dei problemi”. Vorrei seguirvi, ma non ci riesco. Semplicemente perché bisogna essere ottusi, prevenuti o in malafede, oppure tutte e tre le cose messe assieme. Non mi soffermo nemmeno più sulle narrazioni, sugli xg e tutte le altre menate da “foglietti”, come le definiva Allegri, perché poi alla fine comanda il campo, come ha ammesso Sarri ieri sera al termine dell’ennesima figuraccia stagionale: “L’obiettivo o lo centri o non lo centri, senza tante altre discussioni”. È la nuova versione del corto muso, senza se e senza ma.
Ci sono tante domande che vorrei fare al mister, che nei giorni scorsi ci ha narrato come “prendere gol con l’Atalanta lo si debba mettere in conto, mentre le quattro reti prese con il Milan non bisogna prenderle in considerazione”. I tre gol subiti dal Sassuolo come li dobbiamo classificare? Gli esperti social stanno preparando le loro analisi tattiche, ma i dati che contano sono quelli che tutti già sanno: due soli punti incassati in tre partite, nove gol subiti in tre gare (non succedeva dalla stagione 196-62) e 16 tiri in porta concessi in un solo tempo al Sassuolo. Nemmeno nella stagione di Maifredi la Juventus è arrivata a concedere tanto, ma per Sarri non c’è un problema, “non c’è qualcosa che non funziona, c’è solo qualcosa che viene e va, una volta risolto questo…”. E poi, volete mettere, “è una cosa che succede a tutti”. Sì ma a chi? E perché dovrebbe essere una consolazione il fatto che anche altre squadre siano imbarazzanti?
Spiace doversi ripetere, ma dei limiti della Juve di Sarri ne ho parlato il 22 dicembre 2019 e anche se qualcuno narra che i problemi sono iniziati dopo la sosta, si tratta di una narrazione meramente di comodo. Di recente ho sottolineato come questa Juventus sia in grado di grandi imprese, ma al contempo di figuracce epiche: possiamo vincere e perdere contro chiunque. È il destino di chi non ha equilibrio, di chi non si adatta e non si evolve. Piaccia o non piaccia, i campionati li vince chi ha la migliore difesa, in Champions invece è una lotteria per la quale non c’è una ricetta. Gasperini e Klopp sono gli esempi lampanti di come un allenatore possa migliorare nel tempo. Il primo era noto per le sue imbarcate, ma con la marcatura a uomo nella zona e con altri accorgimenti ha saputo limare i suoi limiti e quelli dei calciatori a disposizione.
Il tedesco è arrivato alla vittoria nella Champions nel suo anno meno spettacolare. Avendo esterni velocissimi, l’ex Borussia Dortmund si è italianizzato, puntando molto su chiusura degli spazi e ripartenze veloci, piuttosto che su un palleggio fine a se stesso. Le concenti delusioni degli anni precedenti ne hanno accresciuto il suo bagaglio e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Alla Juve non resta che sperare che la stagione finisca il più presto possibile e nel migliore modo possibile, poiché è ormai palese che sia tutto casuale. Possiamo vincere tutte le restanti partite, ma anche no. Del resto non avessimo sprecato tre match point consecutivi la storia sarebbe già chiusa da tempo.
Anche qui, la narrazione vuole che la squadra sia logora, a corto di condizione e senza motivazioni. Tutti problemi che l’anno scorso venivano ricondotti ad un unico colpevole: l’allenatore. La rosa che poteva essere allenata anche da un bambino per fare il triplete, è a corto di fiato esattamente come l’anno scorso, è fragile mentalmente come mai nei precedenti otto anni ed è da rinnovare. Qualcuno, non a casa, aveva chiesto una rifondazione, ma la dirigenza sospinta dal vento dei capiscers e degli adaners ha preferito cambiare allenatore facendo solo qualche ritocco. Bene inteso, anche se qualcuno narra diversamente, questa rosa è più forte dell’anno scorso: basti pensare che di questi tempi Rugani aveva giocato 14 partite la passata stagione, mentre quest’anno 5, per via della presenza di de Ligt (che dio ce lo preservi). Ce la vedete questa squadra giocare oltre due mesi con Rugani e Bonucci al centro della difesa? Poche scuse, insomma, il ciclo è inevitabilmente alla chiusura, ma stiamo decidendo noi di chiuderlo in una maniera che non mi piace proprio.