La Juve di Maurizio Sarri continua a vincere (unica squadra imbattuta in Europa), ma sempre con il minimo scarto, a dispetto delle goleade immaginate la scorsa estate. Attenzione, chi vi scrive è felicissimo dei risultati ottenuti, in linea con l’inizio di stagione della precedente gestione tecnica. Vincere non è mai facile, figurarsi ripetersi e per giunta dopo una rivoluzione tecnica. Se però ci fermassimo un attimo ad analizzare il livello di “sarrismo” raggiunto, diciamo che siamo ben al di sotto delle aspettative. Non che personalmente mi aspettassi miracoli, perché avendo seguito il Chelsea di Sarri lo scorso anno, si era già ben compreso che l’esperimento Napoli non sarebbe mai stato più replicabile in altri ambienti e con altri giocatori.
Sono cicli che vengono bene in un determinato contesto e a determinate condizioni, che è praticamente impossibile ricreare. Avete mai più rivisto con Sacchi le vette di spettacolo che riuscì a raggiungere con il suo primo Milan? Le squadre di Zeman dopo il Foggia “dei miracoli” sono mai state altrettanto arrembanti? Insomma, a Sarri va innanzitutto dato il merito di non aver mai sbracato nel tentativo di costringere i giocatori ad attuare il suo credo in tutto e per tutto. L’esperienza al Chelsea gli ha fatto capire che quando hai certi campioni, sei tu allenatore a doverti piegare. A maggior ragione alla Juventus, dove ti chiedono la vittoria senza se e senza ma.
Sarri si sta dunque adattando alla Juventus e ai giocatori a disposizione, e non è un caso che stia vincendo praticamente sempre con un solo gol di scarto. Se fino alla sfida vinta lo scorso 6 ottobre contro l’Inter a San Siro comunque si era vista in diversi casi una squadra brillante, da quel giorno sembra ci sia stata una sorta d’involuzione. Sarà anche per via della condizione atletica ancora non al top, ma gli 1-0 e i 2-1 fin qui maturati (solo in due casi si è vinto con 2 o più gol di scarto, ovvero contro Spal e Leverkusen) sono stati frutto più che altro di invenzioni dei singoli in momenti critici della partita. Che poi è normale, perché la Juve ha i giocatori più forti, proprio perché risolvano le partite in qualsiasi momento. Solo che ora sembra mediaticamente normale, mentre durante la precedente gestione tecnica faceva un po’ schifo a tanti vincere così…
Nessuno sta qui a negare il cambio di mentalità, la difesa più alta, il pressing che ha sostituito la pressione (i due concetti si assomigliano ma non sono la stessa cosa) e la ricerca dell’imbucata centrale in verticale piuttosto che l’apertura verso le fasce. Ecco, se c’è un’involuzione notata nelle ultime partite riguarda proprio questo particolare aspetto. Pjanic e soci cercano sempre di più la soluzione centrale, anche quando gli spazi sono intasati e gli avversari stringono ben due linee di calciatori nella propria trequarti a protezione della porta. In questi casi insistere per vie centrali equivale ad andare a sbattere contro un muro.
Dottrina vuole che per poter creare gli spazi al centro, sia necessario prima allargare il gioco per costringere le difese avversarie ad aprirsi (vedasi alla voce “gol di Douglas Costa con la Lokomotiv Mosca“). Si legge spesso in giro “finalmente giochiamo sempre in verticale e non allarghiamo più il gioco”, quasi fosse un dogma sempre valido e infallibile. Il calcio è semplice e come sempre bisogna adattarsi agli avversari e alternare, fare un po’ e un po’. Essere “talebani” non paga, ma Sarri lo sta imparando molto bene e rimango molto ottimista per il prosieguo della stagione. La Juve migliora i suoi allenatori. È la storia.