Massimiliano Allegri è stato oggi ospite del Salone del libro di Torino. Il tecnico della Juventus ha avuto modo di parlare del suo libro dal titolo “E’ molto semplice“, ma inevitabilmente si è finiti all’attualità calcistica. “Sono emozionato. Il problema più grosso ve lo dico subito: dopo questa presentazione, devo andare a Livorno. Quando andrò al bar – le parole riportate da Calciomercato.com – mi prenderanno in giro. Nessuno avrebbe scommesso un euro che avrei scritto un libro. Sono esperienze della mia vita. Il titolo? Me l’ha suggerito Ambra. È una parola che dico molto, è concreto ed efficace. Semplificare e trovare soluzioni ai problemi è qualcosa d’importante. Il libro è fatto di 32 regole, è una parola che mi piace e non mi piace, abbiamo scelto questo numero perché è imperfetto. All’interno ci sono episodi e narrazioni, racconto quello che ho vissuto calcisticamente”.
Il libro di Allegri è la fotografia della sua filosofia di vita, alla cui base c’è la semplicità. Gli italiani sono un popolo di allenatori da divano, ma poi c’è la realtà del campo, c’è uno spogliatoio da gestire, tanti campioni con cui avere a che fare… “Se ci avessero insegnato di meno, avremmo imparato di più – è la massima che fa sua il tecnico livornese – . È una frase sul muro di Berlino. Mi batto per questo e lo farò fino alla fine, per i ragazzi giovani. Vale nel calcio e nella vita in generale. Già noi genitori tentiamo di proteggere di più i ragazzi. I primi ad aver paura siamo noi, non i ragazzini. Non possiamo trasmettere insicurezze. Sono cresciuto e tanti di noi siamo cresciuti negli anni Ottanta. Ci sono gli extraterrestri, con smartphone o altre robe. Bisognava arrangiarsi, ingegnarsi. Fondamentale nella crescita. Adesso sono spariti i cortili, bisogna andare indietro al mondo che è cambiato. Ma non posso neanche vedere che ai bambini li mettono lì e fare passaggi a caso. Si azzerano la creatività e la voglia di ingegnarsi. Poi smettono di giocare e gli altri non pensano. È questa la cosa più importante che i ragazzi devono imparare. Dobbiamo essere bravi pure noi. Non mi vergogno e non ho paura di proteggerli, ma faccio loro solo del male. Devo tenermi le mie paure e lasciarli fare, così imparano. Tendiamo ora a fare robe comandate, senza pensarci. Fare un passo indietro non è andare indietro di 40 anni, ma farlo per poi andare avanti. Come nella Juventus: non può sempre vincere. La sconfitta ti aiuta a rialzarti e a ripartire, hai un’altra occasione. Non si può crescere, devi riscendere per poi risalire. Vale nella vita. Ecco perché bisogna cambiare. Per tornare al detto: è la regola più importante”.
A chi lo accusa di non praticare un calcio propositivo, Allegri replica con un’analisi della stagione che volge alla conclusione. Prima della sosta invernale la Juventus non aveva fatto per niente male… “Abbiamo giocato belle partite quest’anno. Poi per problemi legati a cose storte, come gli infortuni (pure strani), siamo stati danneggiati. Ma così leggo le partite. A Valencia siamo rimasti in 10 dopo 10′, lì è venuto fuori il dna della Juventus, la squadra è stata in campo, attenta, aggressiva, ha voluto dimostrare che anche senza Ronaldo si può vincere. Ha qualità straordinarie, ma è venuto fuori il dna. Col Manchester è stata la miglior partita, meglio di quella con l’Atletico. Abbiamo fatto una buona partita, abbiamo sfruttato al massimo quanto creato. E sono tre partite diverse con tre interpretazioni diverse, per questo l’ho scritto, perché a Valencia bisognava giocare in un certo modo. Col Manchester abbiamo fatto partita bella, ma alla fine l’abbiamo persa. Dimostrazione che il calcio non è che se giochi benissimo, poi vinci la partita. Ci sono tante sfaccettature. Abbiamo dimostrato che non basta fare solo quella roba lì – aggiunge – . Con l’Atletico tutto da guadagnare, giocata benissimo sotto tutti i punti di vista. Due vinte, e una partita persa: la migliore”.
Ogni stagione è una storia a sé e le prestazioni dei singoli non sono lineari. Non è detto che chi ha fatto un’ottima stagione si ripeta in quella successiva. “Che ne so se il miglior giocatore fa una stagione del genere anche l’anno prossimo? Ogni situazione è diversa, come ogni annata. Io devo arrivare all’obiettivo a prescindere. Scrivo che l’obiettivo va raggiunto, lavoro in una società dove dall’inizio ci dicono che bisogna raggiungere gli obiettivi. Quindi devo avere una strategia che dev’essere finalizzata all’obiettivo. A Coverciano mi dissero: se devo uscire da quella porta, oggi posso passare in mezzo. Se trovo un muro? Faccio una curva, poi ne devo fare tre. Ma devo uscire comunque dalla porta. Obiettivo da raggiungere con delle strategie che possono essere cambiate in corsa. La sensibilità di chi è a capo è quella di capire i momenti delle persone. Quest’anno – evidenzia – c’è stato qualcuno che ha fatto un’annata inferiore, magari l’anno prossimo sarà un’altra storia. Se raggiungo gli obiettivi non è un fallimento”.
Dopo l’acquisto di Cristiano Ronaldo, molti tifosi si aspettavano la Champions League, ma dopo aver vinto le ultime tre di fila, il portoghese si è dovuto accontentare del campionato. “A livello mentale è più forte degli altri – dice di lui Massimiliano Allegri – . Trova obiettivi dentro sé stesso. Ha vinto tutto, a 34 anni non può avere altri obiettivi. E ha una lucidità e una cattiveria calcisticamente parlando che ha dell’incredibile. Tutti abbiamo da imparare. Non capita sempre allenare al mondo. Il sabato mattina di solito facciamo la partitella. Lui dice, mister divertiamoci. Ma il suo divertimento è vincere la partitella. Anche Ibrahimovic era così. Lui è maniacale, è differente da tutti gli altri. Al Milan avevo Ibrahimovic, lui si arrabbiava se uno gli passava la palla sbagliata, io gli dicevo: “Scusa Ibra, se tutti fossero bravi come te non ci sarebbero problemi. Il più bravo deve mettersi sempre a disposizione di quelli meno bravi”. Quindi quello bravo deve avere l’umiltà di non mettere in difficoltà il meno bravo, ma vale nel calcio e vale in tutto. E su questo, Ronaldo è molto bravo”.
Riavvolgendo la stagione, Allegri poi individua il momento più bello: “In casa, con la Fiorentina, quando abbiamo vinto lo scudetto. Ieri ho letto una bella dichiarazione di Valverde, l’allenatore del Barcellona. Dice che tutto sembra normale, perché il Barcellona ha vinto un mese prima. È normale che l’anno scorso ha avuto il sapore più bello, perché vinto all’ultimo tuffo. Come il City. A un’ora dalla fine c’era il Liverpool davanti. Ma il valore è lo stesso, non è meno importante. È stato il giorno più bello, abbiamo centrato un obiettivo, la quinta per la mia gestione. Un traguardo straordinario, vincere non è normale, è difficilissimo. Quest’anno la squadra ha fatto durare il campionato trenta giornate. Più di 3 punti a partita non ci possono dare. Sono felicissimo di questo risultato e non vedo l’ora di festeggiare domenica sera. Ha vinto il 50% delle competizioni a cui ha partecipato”.
Tornando sulla questione infortuni, Allegri cerca di difendere il lavoro del suo staff, che da quattro anni di fila è considerato dai colleghi il migliore d’Italia. “Molto semplice, come nel libro: i giocatori non sono come le macchine, che l’accendi e parti. Sono dei ragazzi che consumano, giocando a certi livelli, come Spinazzola con l’Atletico, energie fisiche e mentali. Se non sei abituato, alla Juve, poi le paghi. Lui poi veniva da un infortunio lungo. Situazioni che ha pagato. Alla Juve devi avere un equilibrio mentale che non ti porta a nessun saliscendi. Se ce la fai di testa, pure se devi riposare, puoi giocare. Come a Rugani dopo Amsterdam. Al ritorno non ha fatto bene come all’andata. Devono giocare tanto per quei livelli lì, per le energie mentali che consumano”.
Mercoledì ci sarà il tanto atteso vertice con Agnelli: l’impressione è che ci sarà il divorzio di Allegri con la Juventus, ma ciò non cambierà molto nella vita di Max. Molti tifosi bianconeri non lo hanno mai amato, ma il livornese non ha mai voluto imitare gli altri per essere più simpatico. “Non è che tutti devono fare come ho fatto io – conclude sul libro – . Siamo tutti diversi e abbiamo percezioni diverse. Non si scimmiotta, s’impara dalle esperienze. E poi si porta lì, come siamo noi e non com’è l’altro. Non posso gestire una situazione come fa il Prof, ecco. Questo è un libro sulle mie esperienze”.