Interviste

Allegri: “Bonucci che peccato, aveva il dna Juve”

Massimiliano Allegri, tecnico della Juventus da poco più di tre anni, compie oggi 50 anni e per l’occasione ha rilasciato a Premium Sport una lunga intervista: “50 sfumature di bianconero“. Nei giorni scorsi ci sono state alcune anticipazioni, ma oggi possiamo leggere finalmente tutte le parole del tecnico bianconero, che come al solito riserva qualche sorpresa. Dopo aver ribadito che nell’intervallo di Cardiff non sia successo niente e che il sogno sia quello di arrivare a Kiev, Allegri ribadisce l’ottimo lavoro svolto nel precedente triennio, soprattutto in Champions: “È una competizione bella e affascinante nella quale, acquisendo consapevolezza nei propri mezzi, la Juventus ha fatto un bel passo in avanti in Europa negli ultimi anni. Dispiace – sottolinea – solo che pochi abbiano apprezzato le due finali raggiunte in tre anni. In passato c’era riuscita solo la Juventus di Lippi. Con il tempo, però, magari questi risultati verranno rivalutati”.

La Juve ha perso due titolari importanti questa estate: se ne sono adnati Dani Alves, ma soprattutto Leonardo Bonucci. Ecco la versione del tecnico livornese sull’addio del centrale:

“Mi è dispiaciuto molto, perché Leo sarebbe stato il futuro capitano della Juventus. Un uomo spogliatoio che nel futuro avrebbe insegnato e trasmesso il dna bianconero. Però – insiste – ha fatto una scelta e di questo non ne va fatta una colpa a nessuno: né a lui, né alla società e nemmeno all’allenatore”.

Ottimo, sin dal primo giorno, il rapporto con la dirigenza e soprattutto con il presidente Agnelli, un giovane ma già con tanta esperienza sulle spalle.

“Il presidente è giovane – prosegue Allegri nella chiacchierata con Premium Sport – , ma nonostante l’età ha grandi idee ed è bravo a miscelare la tradizione di una delle famiglie più importanti d’Italia assieme ai suoi progetti per l’estero. Vuole far diventare la Juventus una delle società più grandi a livello mondiale”.

Si dice sempre che Allegri non sappia gestire lo spogliatoio, che non abbia lo stesso “polso” di uno come Antonio Conte, ma si tratta solamente di un approccio diverso nei rapporti con i calciatori.

“Mi piace scherzare con loro, ma sempre con rispetto dei ruoli. Le sfide con Pogba? Pensava di vincere sia a basket sia a calcio: magari con le mani sì, ma se pensava di battermi con i piedi… Spero solo non sia andato via per questo, altrimenti per farlo rimanere l’avrei fatto vincere apposta! A ogni modo, nel calcio, chi dice che tutti i giocatori sono uguali è un ipocrita. Prendete Buffon: senza togliere nulla a nessuno, Gigi è un giocatore diverso dagli altri. È così e basta. Credo che abbia un futuro importante a livello dirigenziale, magari in Federazione. È un uomo con cui mi confronto e che in certi momenti ha comunque bisogno del sostegno dell’allenatore”.

Allegri e i tifosi Juve

Sempre abbastanza freddo con i tifosi, Allegri ha ricevuto un importante omaggio allo Stadium dopo la conquista del sesto scudetto consecutivo.

“Perché a fine partita mi infilo negli spogliatoi di corsa, senza andare sotto la curva? Fa parte del mio carattere. Io sono molto timido e mi dà quasi fastidio dare o ricevere dimostrazioni di grande affetto. Preferisco gioire dentro me stesso. Non riesco a essere costruito: come mi vedete, così sono. Ma ai tifosi sono molto legato, anche se a volte non si vede. E sono legatissimo anche alla mia città, Livorno: infatti quando mi tolgo le vesti di allenatore della Juventus, torno a essere “Acciuga”, come mi chiamano i livornesi da quando ero ragazzo”.

Tornando indietro di tre anni, Allegri ricorda poi la prima chiamata della Juventus, una telefonata inaspettata, dalla quale è nata una grande favola.

“Quella mattina, c’era in ballo la nazionale, quando mi è arrivata la telefonata della Juventus, non riuscivo a capire. Pensavo mi volessero chiedere informazioni su qualche giocatore. Poi la sera sono stato invitato a cena dal presidente Agnelli: mi ha comunicato che cercavano un allenatore e mi ha chiesto se ero disponibile. Ovviamente lo ero: la squadra veniva da tre anni di successi in Italia e credevo avesse ancora qualcosa da dare, specialmente in Europa”.

Sta per iniziare la quarta stagione di Allegri alla Juventus: l’obiettivo numero uno è la conquista del 7° scudetto consecutivo. Si andrebbe oltre la leggenda:

“Dico solo che il 7 è un bel numero. I ragazzi ormai hanno un dna vincente e soprattutto c’è una grande disciplina, ci sono delle regole da rispettare. Qualsiasi giocatore che arriva alla Juventus, se può dare otto, alla fine riesce a fare nove”.

Nella sua carriera di allenatore ha allenato tanti grandi campioni, tra cui Tevez, Ibrahimovic e Inzaghi:

“Carlos era un leader silenzioso – ricorda il livornese – , ma quando parlava, le sue parole dentro lo spogliatoio erano sempre pesanti. Ibra è un campione straordinario, il problema è che ogni tanto pretendeva che i suoi compagni riuscissero a fare le cose che faceva lui. Io gli dicevo che era impossibile, che molte cose che faceva lui gli altri nemmeno potevano pensarle. Inzaghi? Un giocatore micidiale: quando arrivava la Champions, lui faceva sempre gol”.

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Pubblicato da
Alberto Zamboni