Verso Germania-Italia, Buffon: “a Dortmund la più bella serata della mia carriera”
Sembrava che in quel nome, Paraguay, l’avversario della prima partita, ci fosse la missione di Buffon al Mondiale. Invece i guai non li parò, la sua schiena andò a pezzi insieme all’Italia di Lippi e quello fu l’inizio del calvario che con la Juve è durato fino a tre settimane fa e con la Nazionale si chiude oggi a Dortmund.\r\n\r\nAmichevole con la Germania, Buffon è emozionato?\r\n«Direi che sono felice di ritrovare la Nazionale. E poi a Dortmund, che è un posto speciale».\r\n\r\nAnche bruttino, però.\r\n«Per me sarà sempre bellissimo. La semifinale con la Germania nel 2006 è stata la partita più emozionante della mia carriera. Fu il nostro riscatto su chi giocava in casa ed era favorito. E fu il riscatto dei nostri emigrati».\r\n\r\nForse è lo stesso compito che avrete oggi, con l’immagine che l’Italia dà all’estero.\r\n«Suona un po’ avvilente e riduttivo aggrapparsi al calcio ma questo passa il convento. Almeno noi cerchiamo di dare l’immagine di una Nazione unita e di primo livello».\r\n\r\nLo crede possibile?\r\n«La Germania è più pronta di noi, grazie alle certezze acquisite con i risultati. Noi abbiamo cambiato identità e allenatore: non abbiamo nulla da perdere ma è importante dimostrare che si fanno passi avanti».\r\n\r\nAnche con l’ingresso degli oriundi, cui lei era contrario?\r\n«Ci sono regole ed è importante che ci si attenga a quelle. Capisco che, in un momento simile, per noi sia importante attingere al carisma e alla qualità di un Thiago Motta».\r\n\r\nLei disse che per Prandelli sarebbe già stata un’impresa qualificarsi agli Europei.\r\n«Le cose sono andate meglio del previsto, la qualificazione è possibile e speriamo che la conferma arrivi a marzo con la Slovenia. Sarebbe la prova che si è riformato un gruppo forte».\r\n\r\nE Buffon quando tornerà forte?\r\n«Avevo messo in preventivo di pagare il dazio dopo 7 mesi che ero fermo: fisiologicamente è normale, quando rientrai dall’infortunio alla spalla ci volle un mese e mezzo per mettermi a posto. Mi interessa avere ritrovato la condizione fisica e quella c’è. Quando in una partita avrò fatto 2 o 3 interventi importanti allora vorrà dire che Buffon è tornato dove lasciò».\r\n\r\nNei mesi in cui è stato l’oggetto di molti dubbi non ha mai pensato di dire: «Sono sempre io il più forte?»\r\n«Non basta dirlo, lo devi dimostrare. Vivere e parare: da lì non si scappa. E occorrono i risultati. Sono cinque anni che non vinco niente, per i primi due o tre mi sono salvato dalle critiche ma nell’ultimo anno e mezzo non si poteva più parlare di stato di grazia, nonostante i pochi errori».\r\n\r\nCosa pensa del fatto che non le si perdoni niente anche dopo una operazione?\r\n«Un po’ ne sono lusingato: quando gli altri portieri sbagliano non c’è la stessa sorpresa di quando sbaglio io».\r\n\r\nPrandelli disse: quando Buffon torna il posto è suo.\r\n«E’ stato un bel gesto di fiducia che cercherò di ripagare. In questa partita mi aiuterà l’adrenalina perché spinge l’attenzione al massimo. Le prime tre partite dopo il ritorno nella Juve sono state le migliori perché pure con il Catania in Coppa Italia stavo con le antenne dritte come se fosse stata la finale del Mondiale».\r\n\r\nA proposito: la ricostruzione della Juve come procede?\r\n«Del Neri ha detto una cosa importante: le analisi non si fanno ogni settimana ma alla fine dei giochi. Se prima di Natale la Juve era una squadra in lotta per lo scudetto e che non aveva sbagliato un colpo sul mercato, dopo un mese non può essere l’opposto. Le risposte a Cagliari e anche a Palermo sono state ottime».\r\n\r\nE gli arbitri?\r\n«Non si può negare che ci siano stati episodi negativi o che ci hanno sfavorito. Però da sportivo parlerei di sviste e non scomoderei Calciopoli».\r\n\r\nEppure se ne parlerà per Juve-Inter. Non crede?\r\n«Nei giocatori ci sarà soltanto la voglia di battere la squadra che oggi è la più forte del mondo anche se non guida il campionato. La rivalità nasce dai loro successi negli ultimi 5 anni però è il momento di lasciar perdere il passato».\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico