Nei giorni che hanno preceduto Juventus-Inter ho passato davvero dei brutti momenti. Non so come descrivere la cosa, diciamo solo che più guardavo certi personaggi fare il giro dei sepolcri, ovverosia delle trasmissioni televisive, piangendo e recriminando non si capiva bene su cosa, più dentro di me cresceva una certa insofferenza e nella mia testa rimbombava un fastidioso ritornello “Venghino, Signori, venghino”.
E la cosa diventava sempre più fastidiosa col passare delle ore perché non si attenuava neanche quando dormivo.
Anzi, se possibile, peggiorava.
Mentre cercavo di riposare, infatti, quel ritornello diventava più lungo e prendeva forma all’interno di una serie di incubi ricorrenti. L’ultimo, il più disturbante, la sera del recupero Juventus-Inter.
Poco prima del match mi appisolai davanti alla TV e ben presto iniziai a sognare. In quella dimensione onirica mi ritrovai davanti all’ingresso di un grosso tendone da circo sgualcito, dove venivo invitato a entrare da uno strano imbonitore pelato che ne decantava la bontà.
“Venghino, Signori, venghino nel meraviglioso Circo Internazionale, il più fantasioso e incredibile al mondo!”, diceva ammiccando, mentre si spostava su un lato per farmi accomodare. Un po’ titubante, come spinto da una forza misteriosa mi facevo avanti e varcavo l’ingresso, dove un tizio dai denti gialli e sporgenti mi si faceva incontro continuando la filastrocca: “Si affrettino, signori, e si accomodino. Lo spettacolo sta per cominciare: illusionisti, giocolieri, saltimbanchi ed equilibristi dalle qualità incredibili si produrranno in numeri da lasciarvi a bocca aperta. Numeri dove farete fatica a distinguere la realtà dalla finzione, la logica dalla follia, secondo la grande tradizione del Circo Internazionale, dove tutto è sempre uguale a se stesso, nei secoli dei secoli”.
Temendo che da un momento all’altro spalancasse le fauci come Pennywise e mi divorasse, decisi di accelerare il passo e addentrarmi ulteriormente fino ad arrivare sui palchi. Guardandomi attorno venivo colto da una fortissima sensazione di fastidio. Quasi viscerale. E, giuro, non era la peperonata di mezzogiorno. Il circo era pieno zeppo di pagliacci urlanti, tutti in lacrime. “Triplete!”, “Mai stati in B”, “Onestà”, “Gomblotto” erano le parole che maggiormente si rincorrevano sulla cavea. Un mantra che sembrava però non interessare ai due uomini, uno con i capelli setosi e l’altro di origine asiatica, che a centro pista battevano le teste tra loro ritmicamente, mormorando frasi senza senso quali “acquisti”, “monete da dieci euro” e “partite da giocare a porte chiuse”. Il tutto mentre attorno a loro delle figure antropomorfe a forma di lingua facevano a gara a chi si avvicinava di più ai loro deretani, e una creatura riccioluta metà iena e metà bimbominchia parlava velocemente come una mitragliatrice, vaneggiando di campionati falsati, poteri forti e chi più ne ha più ne metta.
A quel punto per fortuna mi svegliai. O almeno credevo. Perché nonostante mi trovassi sul divano di casa mia e non più in quell’orrendo tendone, il circo continuava a esistere. Solo che circensi, saltimbanchi e illusionisti stavolta erano in televisione, su ogni canale a ripetere le stesse cose del sogno. E c’erano perfino “le lingue” penzolanti, il tizio ricciolino che sputava veleno a raffica e l’imbonitore pelato che in un servizio riepilogativo dei giorni prima, reclamava “giustizia, rispetto delle regole”, che parlava di campionato falsato e minacciava denunce se non si fosse giocato una certa partita a porte chiuse. Insomma, come nella “grande tradizione del Circo Internazionale, dove tutto è sempre uguale a se stesso, nei secoli dei secoli”, che avevo sentito citare prima. Stavo ancora sognando? Difficile dirlo, facevo una fatica maledetta a distinguere la realtà dalla finzione, la logica dalla follia. Almeno fino a quando Ramsey e Dybala mi hanno riportato alla realtà, e non solo me, e il circo ha chiuso i battenti. Almeno per quest’anno.