Un’Italia che ancora non c’è
(Di Gaver) Gli Europei appena giocati hanno ancora una volta determinato interrogativi sul pianeta pallonaro, interrogativi che partendo dal campo passano per gli spalti e arrivano dritti alle stanze dei bottoni.\r\nIl lato sportivo è stato sotto gli occhi di tutti; un’Italia coraggiosa, mai doma, tra mille difficoltà e con parecchi milioni di pseudo CT a far da corollario negativo ad una competizione sportiva giocata col massimo impegno e con ottime idee tattiche e tecniche.\r\nMa l’Italia sportiva c’è, la squadra ha saputo dare un’immagine di professionalità unica, ha saputo partir bene, rallentare, soffrire, farci sognare… E arrendersi, in un modo quasi epico, capace però di far sport con la testa e col cuore.\r\nI 23 di Prandelli sono stati encomiabili, hanno dato vita ad un sogno, lo han reso alla portata di tutti…e poco importa se in finale i campioni spagnoli ci hanno quasi umiliati. Li, in quella finale, noi c’eravamo.\r\nMa se chi è sceso in campo ha saputo rispondere “presente”, con vizi e virtù propri della natura umana, è altrove che l’Italia si è resa quasi impalpabile.\r\nUn primo pensiero doveroso corre a quanto non riusciamo ad essere sportivi, a quante volte abbiamo avuto ed abbiamo la possibilità di scrollarci la nomea di popolo inaffidabile, ed a quante volte invece ovviamo a tutto ciò e pensiamo bene che una bandiera con la svastica e degli oggetti contro un maxischermo siano il modo migliore per scatenare la nostra rabbia per la sconfitta; il circo massimo non merita simili scempi e simili protagonisti.\r\nDa più parti si tenta poi di sminuire il grido di allarme calcistico lanciato da Prandelli, il suo bisogno spasmodico di sentire il contatto con il suo campo di calcio, con i suoi attrezzi da lavoro, con il modo che reputa il migliore per poter andare oltre uno stupendo 2° posto e poter seriamente inseguire il sogno.\r\nPiù di qualcuno ha fatto orecchie da mercante ma vorrei ricordare, velocemente, che le furie rosse che tanto osanniamo e che a tratti veneriamo persino con i telecronisti della tv di stato, non sono una formazione nata sotto un cavolo o per pura coincidenza o per un stupendo impegno del momento, quel che probabilmente è successo a noi.\r\nLa Spagna gioca insieme da anni, trafile nazionali giovanili che han dato a questi ragazzi l’opportunità di crescere e club di massima seria che con le squadre B danno se non altro la possibilità a molti giovani di esprimersi.\r\nSe l’Italia politica, in questo caso calcistica, non si affretta a rendersi conto del disastro di programmazione che è in atto nel nostro paese, il tempo da gran tiranno che è chiederà il conto a breve, estromettendo i nostri colori da ogni possibilità di vittoria.\r\nNel 2006 fu un miracolo, forse supportato da quell’alone di incredulità che era la Calciopoli (Farsopoli) in atto; quest’anno Prandelli ha fatto un lavoro equiparabile a quello di Lippi, forgiando un gruppo che è andato unendosi sempre di più man mano che passava il tempo.\r\nMa questi episodi non sono sempre ripetibili e spesso sono unici; se quell’Italia dirigente che vuol arrogarsi il potere di decidere per gli altri non si affretta a capire l’enorme solco che si sta tracciando tra il nostro modo di far sport e quello che invece altri attuano da anni ormai, saremo destinati a restare dei comprimari occasionali.\r\nLa politica italiana sovente ha mostrato limiti palesi e quasi elementari; lo sport è palestra di vita, è formazione ed educazione, ed è il futuro del paese.\r\nSe educhi fin da bambino dopo avrai uomini che saranno ottimi atleti, se invece lasci tutto all’approssimazione non potrai far altro che aggrapparti al leader di turno sperando che sappia plagiare gli atleti e farli rendere al 101%.\r\nMa cosi facendo non potrai mai perseguire un modello vincente, educativo e duraturo.\r\nCosi sarai solo figlio dell’estemporaneità, mentre altri conquisteranno titoli mondiali dai pulcini alla nazionale maggiore.\r\nAltrove sono stati capaci di tutto cio; qui, è evidente, troppe lobbyes influenzano oggi le scelte di un paese che ha bisogno e voglia di crescere.\r\nL’Italia di Prandelli è scesa in campo e ci ha fatti sognare; altrove invece c’è ancora un’italietta inesistente di burocrati, faccendieri e uomini di affari inconcludenti e comunque ancora piccolissima, che tenta malamente di trovar se stessa.\r\nA voi scegliere da che parte stare.