Tra pochi giorni avremo anche l’agenda dei lavori di Calciopoli 2 e le idee più chiare sulla linea che intende seguire il procuratore Palazzi, ma se va dritto sul-l’Inter, cosa rischia la società di Moratti nel momento in cui l’araba fenice di Calciopoli rinasce dalle ceneri frettolosamente sparse al vento dopo il 2006?\r\nLe cinque ore di interrogatorio di Paolo Bergamo, il più telefonato dai dirigenti di serie A e B, hanno lasciato capire che sul “nuovo” ci si muove: sulle 187 telefonate già trascritte e, visto che c’è la disponibilità a fare bis a febbraio, anche sulle 300 in via di certificazione del tribunale di Napoli. Insomma: la traccia sarebbe quella dell’esposto della Juventus dello scorso maggio, revocare lo scudetto del 2006 impropriamente assegnato ad un’Inter che parlava prima e taceva poi sulle medesime telefonate ai designatori e arbitri. E se ci si concentra sull’Inter legittimo fare quello che staranno facendo ora i legali nerazzurri: interrogarsi sulla prescrizione degli eventuali reati sportivi commessi, nel 2004-2005. Ma anche dopo tacendo. «Quel processo su una farsa: chiamavano tutti sui telefoni della federazione. E Juve e Milan vincevano perché tanto forti da giocarsi la Champions tra loro», ripeteva ieri Bergamo a Radio Sportiva. La prescrizione, ai fini di quello che ha chiesto Abete ad aprile a Palazzi, serve a poco: lo scudetto venne assegnato dal commissario federale ed ex consigliere nerazzurro Guido Rossi rifacendosi non alla sentenza di luglio 2006, ma al parere dei tre saggi che davano il via libera all’assegnazione dello scudetto in caso di illibatezza calciopolista degli assegnatari (l’Inter, appunto). In realtà Palazzi si muove per non toccare lo spirito del processo 2006: chi chiamava era colpevole e non innocente perché lo facevano gli altri. Pazienza se poi a Napoli il teorema sarà sconvolto: alla revisione, magari, penserà la Juve e gli imputati e condannati di allora. Se questo è il parametro, la relazione della Procura non può che segnalare ad Abete la mancanza di quel requisito di estraneità completa al giro telefonico della società di Moratti, che ben sapeva dei contatti del suo compianto presidente Facchetti oltre a intrattenersi al telefono di suo.\r\nIl problema è un altro, allora: cosa è prescritto di quello che è già emerso e di quanto emergerà nelle prossime settimane dalle audizioni di Pairetto, Moratti, De Santis, Mazzini e degli altri dirigenti- telefonanti? Gli eventuali sospetti d’illecito per chi sapeva prima di assistenti (mitica la telefonata Meani-Mitro in cui il milanista annuncia, prima del sorteggio che saranno lui e Farneti gli assistenti del match-scudetto Milan-Juve) o chi chiedeva che lo score con il Bertini di turno passasse prima di un match di Coppa Italia da «4-4-4 a 5-4-4» sono prescritti. Prescritte anche tutte le violazioni dell’articolo 1 perpetrate nei giorni delle intercettazioni. Non prescritto, però, il silenzio di chi innocente – secondo i parametri di Borrelli e Palazzi – non sarebbe stato nel 2006. E che magari oggi chiede risarcimenti monstre al processo di Napoli.\r\nL’Inter, allora, ma anche i tesserati ancora in attività come gli arbitri Rosetti, Copelli, Mitro, i dirigenti come Cellino e molti altri tacendo dal 25 luglio 2006, data della sentenza della Corte federale, sono stati corretti e leali come prescrive il codice? Chi ha taciuto dal 2006 a oggi che le telefonate vengono fuori quotidianamente s’è preso scudetti, premi, qualificazioni europee, sponsor, giocatori a buon mercato, avanzamenti di carriera. Tornando all’Inter: il club nerazzurro punterà forte sulla prescrizione dei reati, perché autoproclamare innocenti quelle chiamate agli atti ora “depenalizzerebbe” chi è stato sanzionato nel 2006 e aumenterebbe la sanzionabilità del comportamento non leale di questi anni di silenzio. Senza articolo 7 (ex 6) cioè senza illecito non si rischia quanto subito dalla Juve. Penalizzazioni, forti multe (quanto forti, visti di danni subìti dagli altri?), inibizioni: il menù per chi viola la norma fondamentale dello sport, l’articolo 1, va – dicevano una volta a via Allegri – dal buffetto alla pena capitale.\r\n\r\n(Di Alvaro Moretti per ‘Tuttosport’)