“Se pareggiavamo una gara stavamo male per giorni. Se andavamo fuori dalla Champions League era una tragedia: vedevo compagni di squadra che non mangiavano per una settimana”. David Trezeguet, ex centravanti francese della Juventus, in una lunga intervista a ‘stadiogoal.it’ realizzata da Hervé Bricca torna sulla sua esperienza in bianconero e lo fa evidenziando il fatto che in un ambiente vincente contava solo una cosa, il primo posto. Arrivare secondi equivaleva ad arrivare ultimi. Ora tutto è cambiato, e pare che non ci sia più spazio per la riconoscenza, soprattutto per chi ha dato tanto per la maglia della Vecchia Signora e poteva magari dare ancora qualcosa: “Dicevano: vogliamo giovani, italiani più che stranieri, sarà una nuova avventura. Discorsi che dopo 10 anni di Juve non potevo neanche ascoltare. Ho fatto le valigie lasciando il posto a qualcuno più adatto a ciò che volevano allenatore e dirigenza. I discorsi che si fanno ora, il quarto posto, mi vien da ridere: alla Juve o eri primo o non contava niente”.\r\n\r\nIL PRIMO APPROCCIO CON LA VECCHIA SIGNORA\r\n“Arrivai consigliato da Zidane, Platini e Deschamps. C’era Ancelotti, giocavo con gente avevo ammirato in tv. Un sogno. Poi Lippi, un idolo dei tifosi, ci trasmise la mentalità e la voglia di vincere e vincemmo uno scudetto tanto sudato quanto bello. Al pari dell’ultimo che ho vinto con Capello. Fantastico. Quanti scudetti ho vinto? Quattro, con pieno merito sul campo. E con i giocatori che c’erano quell’anno si sarebbe vinto ancora tanto, compresa la Champions, la vittoria che mi è più mancata”.\r\n\r\n \r\n\r\n IL PURGATORIO DELLA B\r\n“Era un disastro Mi sono ritrovato senza gente come Ibra, Vieira, Cannavaro, Emerson.. C’erano ragazzi della Primavera e altri che tornavano dai prestiti. Era cambiato tutto, anche a livello societario. Per fortuna Deschamps sapeva cosa fare e i giovani capirono subito. Vennero fuori i Giovinco, i Marchisio, Chiellini esplose, erano rimasti Camoranesi, Nedved, Del Piero e il sottoscritto. Rimasi pensando che la Juve tornasse subito a riprendersi ciò che le era stato tolto. Non andò cosi. Nulla era più come prima. Capii che per tornare a vincere sarebbe trascorso molto tempo. Io avevo giocato con Conte, Ferrara, Pessotto, Montero, Iuliano: gente che aveva la mentalità vincente. Era sparito tutto. Poi sono andato via perché la Juve non contava più su di me. Dicevano: vogliamo giovani, italiani più che stranieri, sarà una nuova avventura. Discorsi che dopo 10 anni di Juve non potevo neanche ascoltare. Ho fatto le valigie lasciando il posto a qualcuno più adatto a ciò che volevano allenatore e dirigenza“.\r\n\r\nL’AVVOCATO, NEDVED, DEL PIERO: JUVENTINI VERI\r\n“Per l’Avvocato c’era un rispetto sacrale da parte di tutti. Era uno che non girava intorno alle parole, veniva dritto al punto perché era abituato a vincere. Finire secondi alla Juve non serviva. I discorsi che si fanno ora, il quarto posto, mi vien da ridere: alla Juve o eri primo o non contava niente. I giocatori che venivano a Torino sapevano cosa dovevano fare e se non lo sapevano imparavano in fretta… Il fratello Umberto, altro grande personaggio, ha proseguito sulla stessa strada: voglia enorme di vincere, la sconfitta non era un termine conosciuto e neanche il pareggio era gradito. E si andava sempre a testa alta. Poi è cambiato tutto. Andrea lo ricordo da piccolo, ci ha visto vincere. Ha bisogno di essere aiutato da chi conosce la storia della Juve, il suo dna vincente. Nedved può farlo, e Del Piero spero che un giorno diventi presidente. Perché lui ha vinto tutto, conosce bene i meandri del mondo Juve e la Juve ha bisogno di gente cosi. Alcuni di oggi, che non sanno dove si trovano, hanno bisogno di capirlo…”\r\n\r\nAMORE INFINITO\r\n”Della Juve sarò sempre innamorato mi ha insegnato a vincere e fatto diventare un calciatore completo. Se pareggiavamo una gara stavamo male per giorni. Se andavamo fuori dalla Champions League era una tragedia: vedevo compagni di squadra che non mangiavano per una settimana. Io sono arrivato giovane, ho apprezzato subito questo ambiente. La Juve è fatta per vincere. La maglia bianconera ha un peso diverso dalle altre: chi è fragile non la può indossare. Quando mi ritrovo con Alex, Vialli o altri che ti dicono: ‘Sei entrato nel cuore dei tifosi per sempre’ vuol dire che ho fatto qualcosa di importante. Volevo diventare lo straniero più ‘prolifico’ nella storia della Juve e ci sono riuscito. Grazie anche ai tifosi, ai quale dico: arrivederci a presto”, ha concluso ‘Re David’.