(Di Giacomo Scutiero) Il 18 luglio 2006 si tenne un’interpellanza parlamentare rivolta al Ministro Melandri. Francesco Cossiga approfittò per domandare se “corrisponde al vero che il  professor, avvocato Guido Rossi, […] appena nominato Commissario della Federazione Giuoco Calcio Italiana, ha adottato una delibera commissariale con la quale si è legittimamente attribuito un compenso annuale di due milioni e mezzo di euro?”. Cossiga proseguì ironicamente domandando se si ritenesse “doveroso invitarlo ad aumentarsi detto compenso”.\r\nRossi dichiarò di non ricevere alcun compenso per l’attività e querelò Cossiga. Cinque anni dopo il senatore a vita non c’è più. Rossi si, ma non si vede. Tanto reattivo nel difendere la posizione prima, tanto mimetizzato tra la vegetazione dei saggi oggi. Lo scudetto 2006 è “certificato”, oltre che da albo d’oro e media, da un comunicato stampa della FIGC, monca di Consiglio federale perché commissariata. Nessun documento che ufficializza l’assegnazione, il “titulo” è “zeru”. Fossero stati incassati, due milioni e mezzo meritati da Rossi. Processo sportivo a tempo di record, condanne esemplari, strette di mano dall’Uefa e da chi, estraneo allo scandalo, poté istruire il prossimo su morale ed etica.\r\nCinque anni di parentesi sono la superfluità senza soluzione di continuità. Praticamente impossibile sciogliere tanta omogeneità, seppur astratta. Allora i saggi ascoltati e abbandonati, oggi bypassati. La Federazione non esisteva, non poteva assegnare. Il Consiglio federale esiste, può assegnare. E togliere.\r\nCaro Agnelli, questi sono lupi. In barba all’istigazione a delinquere, decidere di non decidere è la soluzione. Anzi, la continuità.\r\n\r\n