Sentenza Gea, le motivazioni dei giudici: non c’era associazione a delinquere

Nessuna ipotesi di associazione per delinquere dietro i presunti illeciti attribuiti alla Gea, la società che ha gestito le procure di numerosi calciatori, tra cui agli inizi, anche quelli di Roberto Mancini. A scriverlo, sono i giudici della prima corte di appello di Roma nelle motivazioni alla sentenza di condanna di Luciano Moggi ad un anno di reclusione e, a cinque mesi di reclusione per il figlio Alessandro. “I reati ritenuti a carico dei due imputati – si legge nel provvedimento depositato dal collegio presieduto da Giovanni Masi – sono riconducibili a scelte individuali ascrivibili addirittura ai singoli e senza che nei fatti possano ravvisarsi gli elementi costitutivi del delitto associativo”. \r\nMoggi padre e figlio furono riconosciuti responsabili del reato di violenza privata per le presunte pressioni esercitate per l’acquisizione di procure sportive, ma entrambe le pene sono coperte da indulto. In particolare, per l’ex dirigente juventino, l’imputazione faceva riferimento alle modalità che portarono l’attuale centrocampista del Napoli Manuele Blasi ad abbandonare il procuratore Stefano Antonelli per passare alla Gea. Stesso discorso per Alessandro Moggi, che della Gea è stato il presidente, ma in relazione alle acquisizioni delle procure dei russi Zetulayev e Boudianski. In appello ottennero riduzioni di pena. «È chiaro che il direttore generale della Juventus – sottolineano i giudici – chiudeva in un angolo il Blasi costretto a non servirsi più dell’Antonelli quale procuratore pena il mancato adeguamento stipendiale”. Quanto ad Alessandro – si legge nel provvedimento – assunse “un atteggiamento minatorio nei confronti dei due giovani, al fine di costringerli a firmare la procura a suo favore”.\r\n\r\nCredits: Tuttosport