Ieri Luciano Spalletti si è imbarcato per San Pietroburgo e un altro tassello è andato a incastrarsi nel puzzle ( internazionale) dei tecnici. Ciro Ferrara lo ha salutato così: «Sarà un’esperienza diversa, gli auguro di poter ribadire quanto di positivo ha fatto in questi anni». A ben vedere un potenziale avversario in meno (per il futuro, visto che Spalletti in Italia non poteva accasarsi fino a luglio) anche se in realtà l’allenatore juventino è padrone della propria sorte. Al momento ha incassato la fiducia della società, passo importante e in qualche modo obbligato perché non sono tre sconfitte a poter sconfessare le scelte iniziali, tantopiù se riferite a un tecnico esordiente. Ma Ferrara, che ieri si è definito «alle prime armi» in realtà è da troppo tempo nel mondo del calcio per non sapere che l’unica assicurazione sul lavoro per chi si è scelto il mestiere, comunque privilegiato, dell’allenatore è legata ai risultati. Se l’ex difensore bianconero saprà uscire dal tunnel in cui si è infilato insieme ai suoi giocatori nelle ultime settimane (tre sconfitte in quattro partite) non dovrà temere agguati da parte degli illustri colleghi in attesa di collocazione. Tempo e spazio per rimontare l’Inter non ne manca, anche se per farlo la Juve dovrà prodursi in un’accelerazione notevole rispetto alla media che si è concessa in questa prima parte di stagione. In caso di ulteriori capitomboli la posizione di Ferrara diventerà, invece, difficilmente sostenibile. \r\nA quel punto si aprirebbero scenari imprevidibili la scorsa estate, quando l’allora ad Jean Claude Blanc aveva deciso di puntare sull’ex delfino di Marcello Lippi, con il ct destinato a sua volta a integrare i quadri dirigenziali dopo il Mondiale con il ruolo di direttore tecnico. Un progetto di ampio respiro, forte del prestigio dei diretti interessati e della loro juventinità. Ma a pochi mesi dal varo della nuova nave bianconera, la stessa si è arenata, rimettendo in discussione anche i disegni estivi. Al punto che gli ultimi due, tutt’altro che irresistibili ( per una Juve all’altezza del proprio potenziale) appuntamenti prenatalizi hanno assunto un’importanza ben superiore a quanto si potesse immaginare.\r\nL’unico tecnico di (assoluto) spessore immediatamente libero è Roberto Mancini, che proprio ieri dalle colonne di Tuttosport ha lanciato un eloquente messaggio alla tifoseria bianconera: «Non sono un nemico della Juve, anzi ero un suo tifoso». La confessione del Mancio un effetto l’ha prodotto, l’immediata crescita del consenso attorno al suo nome. Fino ai giorni scorsi, infatti, la possibilità di un suo arrivo alla Juve incontrava scarso gradimento (10% o giù di lì) nel popolo del web, mentre ieri nei siti che si occupano di cose bianconere Mancini viaggiava attorno al 50%. Un balzo in avanti clamoroso, che la dice lunga sulle relative certezze che accompagnano questo momento. E’ evidente, però, che non saranno i tifosi a decidere le sorti della panchina bianconera se la situazione dovesse malauguratamente precipitare, ma Jean Claude Blanc.\r\nRibadito che la posizione di Ferrara è ancora salda, è interessante valutare cosa comporterebbe l’eventuale arrivo di Mancini. L’uomo infatti è navigato e, al di là del mero aspetto economico, chiederebbe garanzie legate all’abusata, ma cara ai dirigenti calcistici, voce “ progetto”. In parole povere, non si presenterebbe solitario alla porta di corso Galileo Ferraris. Non ci sarebbero infatti dubbi sulla volontà di farsi seguire dai collaboratori storici Ivan Carminati e Giulio Nuciari, rispettivamente preparatore atletico e dei portieri sia durante l’esperienza laziale del Mancio, sia successivamente all’Inter. \r\n\r\nLeggi il resto dell’articolo sull’edizione di Tuttosport oggi in edicola