L’avvio di stagione della Juventus di Andrea Pirlo ricorda tanto quello della prima squadra allenata da Antonio Conte nella stagione 2010-2011 e di cui il “Maestro” era il faro del centrocampo. I campioni d’Italia hanno conquistato fin qui cinque pareggi e quattro vittorie, mentre la prima del tecnico salentino aveva ottenuto 5 vittorie e quattro pareggi. Innanzitutto, c’è da sottolineare che una delle vittorie di Pirlo è stata ottenuta a tavolino e contro questo Napoli non è detto che giocandola i bianconeri avrebbero fatto bottino pieno.
Se anche la prima Juventus di Conte non era proprio una schiacciasassi e fosse comunque dietro al Milan (come oggi), ci sono però delle differenze sostanziali. Quella squadra aveva sin da subito messo in campo la ferocia trasmessa dal mister. Forse non si giocava ancora benissimo, ma c’èra una grande percezione di solidità e cattiveria. Chi scendeva in campo non si risparmiava su nessun pallone, la squadra era un martello proprio come il suo allenatore e anche se non aveva un attacco di altissimo livello, poteva contare su un centrocampo costruito molto bene con gli innesti di Pirlo e Vidal (l’anno dopo arriverà anche Pogba). C’era, insomma, il sentore che quegli uomini fossero capaci di grandi imprese e se al termine della stagione si è aperto un ciclo che ha portato a 9 scudetti consecutivi non può essere un caso.
La Juventus attuale, contrariamente, non è arrembante e non ha alcuna ferocia, né fame, quasi sia appagata dalle vittorie precedenti. Scende in campo col fioretto e appena la battaglia si fa più dura, anziché tirare fuori la sciabola, finisce in balia anche di avversari modesti. Anche se la Juve di Pirlo ha la migliore difesa del campionato, il dato è probabilmente falsato da un calendario totalmente in discesa con Spezia, Benevento, Crotone, Sampdoria… Eppure chiunque è riuscito a segnare a questa squadra, che se a volte dà l’impressione di poter aggredire gli avversari molto alti, al contempo lascia sempre quella percezione di poter essere infilata in qualsiasi momento. Più che l’esperienza, manca la personalità, gli attributi che dovrebbero tirare fuori un po’ tutti, dai calciatori al mister.