Pepe: “Pronti ad affrontare il Milan grazie a Conte. Del Piero? Non ci sta a perdere neanche in partitella”
Simone Pepe è pronto a riprendersi la maglia di titolare dopo la panchina di Catania. Il laterale romano, uno dei più in forma di questo inizio di campionato bianconero, è stato al centro di una piccola polemica per alcune dichiarazioni male interpretate: acqua passata, anche perché c’è subito un impegno importantissimo domenica sera, contro i campioni d’Italia del Milan. La Juve è pronta? “La Juve è nata pronta – spiega Pepe a ‘La Repubblica – D’altronde, proviamo a vincere anche quando siamo in dieci. Non siamo curiosi, ma consapevoli. Conte ci ha dato una grande impronta e noi lo seguiamo alla lettera. Ci ha trasmesso carica, voglia, fame. I suoi discorsi ti restano dentro. Lui è un vincente. Ma non c’è solo Conte: se perdo una partitella mi arrabbio ma dopo cinque minuti passa, invece Del Piero resta incavolato delle ore. Allora lo guardi e capisci tutto”.\r\nNonostante siano arrivate diverse ali nell’ultima sessione di calciomercato, Pepe continua ad essere il preferito di Conte, come mai? “Perché sono italiano e non devo imparare un campionato e una lingua difficili. Ma verrà il tempo di Elia, di Estigarribia. Ricordo che a Udine nei primi sei mesi Asamoah cadeva da fermo, ma quando s’è ambientato poteva giocare da solo al posto dei quattro centrocampisti”.\r\nEppure in estate si era parlato di un Pepe partente, in direzione Russia: “Se n’è parlato, ma Conte m’ha detto chiaro chiaro: non ti muovi da qua. Fine della storia. Al mondo ci sono cento milioni di allenatori, che parlino pure. A me interessa il giudizio di chi ha studiato a Coverciano: Lippi, Marino, Conte. I fatti dicono che ho giocato 150 partite in tre anni, più un Mondiale: tanto scarso non sono”.\r\nritenuto uno dei più simpatici del gruppo bianconero, Simone con Conte si è dovuto limitare nelle sue spiritosaggini: “Vero. M’ha detto: Simò, non sono tutti come te. Evita di scherzare, perché tu ridi e riparti ma magari un altro no, si ferma e perde il filo. Adesso in campo devo stare zitto, ma me l’ha chiesto il mio capoufficio e quindi obbedisco. Conte di cali di concentrazione non ne vuole”.