Penalizzazione Juve, l’esperto: “Commesso un reato che non esiste”

La penalizzazione di 15 punti della Juve continua a far discutere. E dopo la pubblicazione delle motivazioni ha creato ancora più scompiglio. Tanti i punti da chiarire e soprattutto resta in dubbio il sistema su cui si poggia la sentenza, come sottolinea l’esperto.

La penalizzazione di 15 punti è stata un duro colpo per tutto il mondo Juve. La squadra è sprofondata a centro classifica, i dirigenti sono stati tutti inibiti per molto tempo e i tifosi si sono scatenati sui social. E dopo la pubblicazione delle motivazioni, la rabbia è cresciuta e i dubbi sollevati sulla legittimità della sentenza sono tantissimi. Tifosi, sì, ma anche esperti del settore che continuano a non essere convinti delle fondamenta della decisioni.

Come l’avvocato Maurizio Paniz, presidente dello Juventus Club Parlamento, che a Tuttosport ha concesso una lunga intervista in cui viene analizzata tutta la situazione. Partendo dal discusso articolo 4 del codice di giustizia sportiva: “Esiste, ma è stato ascritto solo ai dirigenti juventini e non alla società Juventus. Bisogna distinguere le due posizioni, perché, se un dirigente commette irregolarità, può essere giusto punirlo, ma meno giusto è punire il club se non ha responsabilità diretta”. E sottolinea la mancanza di una norma in tal senso: “La violazione, in questo caso l’utilizzo delle plusvalenze, non esiste. Perché dovrebbero essere regolamentate da una normativa che in realtà non c’è”.

Penalizzazione Juve, sentenza politica?

(Photo by Valerio Pennicino/Getty Images)

C’è poi chi sostiene che la sentenza sia puramente politica: “Il sistema si ribella a chi vince troppo, si oppone a chi ha il coraggio di prendere posizioni importanti che impongono riflessioni dallo stesso sistema”.

E ovviamente anche le tempistiche della sentenza sono finite sotto accusa: “Penalizzare a campionato in corso condiziona, se non proprio falsa, il campionato, quale sia l’esito del percorso della giustizia sportiva. Non capisco la fretta di arrivare a giudizio, soprattutto perché non c’è neanche stato un rinvio a giudizio in sede penale”.