Paulo Dybala: “u picciriddu” non ancora diventato uomo

Impossibile criticare tecnicamente Paulo Dybala, ma personalità, carisma e temperamento sono quelle di un campione?

Alzi la mano chi ha il coraggio di criticare Paulo Dybala sul piano squisitamente tecnico. Sotto l’aspetto caratteriale, invece, si potrebbe aprire una vera e propria tavola rotonda sul numero dieci bianconero. Infatti, il calciatore argentino, almeno fino a questo momento, non ha del tutto dimostrato di avere quella personalità, quel carisma e quel temperamento per trascinare la squadra (anche da capitano) nei momenti difficili della stagione. Ciò, al netto di un bagaglio tecnico di pregevolissima fattura, visto e considerato che la Joya è capace di dare del “tu” al pallone come pochissimi giocatori in ambito mondiale. Proprio per questo il rammarico è ancor più frustrante, perché da un inestimabile talento dalla classe cristallina come lui è doveroso aspettarsi molto di più.

Giunto a Torino nel giugno del 2015 e accolto dal popolo bianconero con grande entusiasmo, Dybala resta tutt’ora un vero e proprio beniamino della tifoseria juventina, anche di fronte a prestazioni quantomeno discutibili, seppur condizionate da frequenti guai fisici che non gli hanno consentito di esprimersi ai massimi livelli con una certa continuità. Adesso tiene banco la questione legata al suo rinnovo, motivo per cui bisogna monitorare la situazione con estrema attenzione per osservare gli sviluppi nell’immediato futuro. Privarsi di Paulo Dybala a parametro zero, visto che il suo contratto scadrà il 30 giugno di quest’anno, sarebbe un suicidio innanzitutto economico, soprattutto se si tenesse conto che sette anni fa fu acquistato dal Palermo per 40 milioni di euro complessivi. Oltre a ciò, rappresenterebbe un depauperamento tecnico se non fosse adeguatamente sostituito. Ma a dire il vero sembra (quasi) impossibile immaginare uno scenario simile. Dunque, la soluzione migliore sarebbe fargli sottoscrivere il rinnovo (tutt’altro che improbabile), per poi pensare eventualmente di cederlo in seguito, fermo restando che la Juventus non può assolutamente concedersi il lusso che lui lasci la Continassa senza aver monetizzato da una sua ipotetica cessione futura. Pertanto, la dirigenza bianconera dovrà lavorare alacremente per trovare una via d’uscita da un ginepraio che sta facendo ammattire tutti gli juventini e gli addetti ai lavori. Mentre lui, se ama profondamente i colori bianconeri come dichiarato, deve andare incontro alla società senza avanzare troppe pretese, impegnandosi piuttosto per cercare di dimostrare una volta e per sempre il suo autentico valore tecnico e umano.

Paulo Dybala: la collocazione tattica

Come se non bastasse, oltre ai problemi contrattuali, il suo posizionamento sul manto erboso è sempre oggetto di dibattito. Sia chiaro una volta per tutte: Dybala non è un esterno alto! Il suo ruolo naturale è quello di seconda punta o trequartista e, all’uopo, di falso nueve in un 4-3-3. In un ipotetico 4-4-2, ad esempio, lui potrebbe tranquillamente essere impiegato da seconda punta, come in un 4-3-1-2 potrebbe giocare da trequartista o da seconda punta, mentre in un 4-2-3-1 oppure in un 4-3-2-1 la sua collocazione ideale è quella di mezzapunta. Ma non finisce qua, perché le infinite polemiche tattiche su Paulo Dybala riguardano specialmente i suoi movimenti in campo e la sua posizione sul rettangolo di gioco.

Per dissipare ogni dubbio su questo argomento, è necessario comprendere che ascrivere a Massimiliano Allegri la responsabilità di tenere distante la Joya 50-60 metri dalla porta avversaria è un mero atto di disonestà intellettuale. Questo perché anche sotto la guida di Maurizio Sarri e Andrea Pirlo l’argentino si è sempre abbassato a centrocampo, giocando per larghi tratti nel corso dei vari match da mezz’ala destra, mezz’ala sinistra e addirittura da vertice basso. La ragione di tutto ciò è molto più prosaica di quanto si possa credere: Paulo Dybala, quasi in modo anarchico, occupa certe zone di campo poiché è una caratteristica connaturata nel suo DNA. L’ex Palermo si abbassa sulla linea mediana con naturalezza, non perché costretto da Allegri a calpestare il cerchio di centrocampo. Questo, in realtà, se è vero che potrebbe renderlo meno lucido negli ultimi 20-25 metri, è altrettanto vero che rende la costruzione dal basso e lo sviluppo della manovra offensiva molto più fluida e qualitativa, poiché lui, più di ogni altro centrocampista oggi in organico alla Juve, riesce sempre a gestire il pallone con un’immensa proprietà tecnica unita a una strepitosa visione di gioco. Per intenderci, regista, mezz’ala destra o mezz’ala sinistra non sono per nulla i suoi veri ruoli, ma è lo stesso Dybala che predilige giostrare in quelle porzioni di prato affinché possa legare il gioco e innescare gli attaccanti. Peccato, però, che per alcuni sedicenti esperti e per una certa frangia di tifoseria bianconera sia assai più comodo esporre al pubblico ludibrio Max Allegri che, puntualmente, viene additato come unico responsabile dell’errato utilizzo del numero dieci bianconero dal punto di vista tattico.

Ma purtroppo, nonostante ciò, il vero problema è la componente caratteriale del talento albiceleste. Dovrebbe capire in fretta e in furia che chiunque, alla Juventus, financo il terzo portiere, ha l’obbligo di mettersi in discussione tutti i santi giorni e di dimostrare nel quotidiano di meritarsi una maglia storica, gloriosa e pesantissima come quella bianconera. Lui, ancora, è “picciriddu” dentro, non è diventato adulto. Per cui, la speranza è che superi a strettissimo giro di posta questo tanto agognato esame di maturità, alla soglia dei 29 anni, anche perché le chance a sua disposizione si stanno esaurendo. E la pazienza, pure.