Paradosso Juve: da quando chi ha fallito può permettersi di dettare condizioni?

Il termine più azzeccato è paradosso. Perché descrive meglio di qualunque altro la situazione in casa Juve: Allegri che batte cassa, detta condizioni e avanza pretese, minacciando di andarsene nel caso in cui non venisse accontentato. Ma può permettersi di dettare condizioni e avanzare pretese uno che ha fallito? Anzi, che non soltanto ha fallito, ma lo ha fatto per giunta platealmente! E a chi obiettasse, in difesa del tecnico livornese, che ha portato a casa il quinto scudetto di fila, consiglierei di tacere, dal momento che il primo, vero, grande obiettivo della stagione 2018/19 era vincere la Champions!

In un mondo normale (ma questo è un mondo alla rovescia, in cui tutto funziona al contrario di come dovrebbe), Allegri non dovrebbe e non potrebbe dettare condizioni né avanzare pretese e se anche lo facesse, starebbe ad Andrea Agnelli rispedirle al mittente e spedire il mittente altrove, ricordandogli l’eliminazione ai quarti per mano di un Ajax, che, come si è visto, imbattibile non era! Siccome però il mondo in cui viviamo normale non è, in un mondo del genere esiste la possibilità, anzi la probabilità, che Agnelli si genufletta ai piedi di Allegri, accettando le sue condizioni invece di indicargli l’uscita con tanti saluti e auguri per l’ormai imminente matrimonio con Ambra. Quello di Allegri è in pratica un ricatto: resto solo se mi accontenti, altrimenti ciao! Un ricatto che Agnelli, che la Juventus non può e non deve subire. Potrei comprendere il prosieguo del rapporto per un’altra stagione, l’ultima di contratto rimasta a Max, per mancanza di alternative immediate e dunque senza rinnovo e relativo adeguamento d’ingaggio, ma mi rifiuto di accettare un prolungamento con ulteriore aumento di stipendio. A cosa servirebbe? Sappiamo tutti che il tempo di Allegri in bianconero è abbondantemente scaduto, lo era già all’indomani di Cardiff, dunque sarebbe rischioso e controproducente avviare un nuovo progetto triennale con lui.

Mettiamo il caso che con Allegri ancora in panchina, la Juve, nella prossima stagione, esca agli ottavi di Champions e non vinca lo scudetto… Mettiamo il caso che Guardiola si liberi dal City e scelga Torino come sua nuova destinazione… Quanto costerebbe a quel punto un esonero di Allegri? Non poco con un contratto di altri due anni a 10 milioni di euro netti a stagione! Al di là dell’aspetto economico, è sul piano tecnico che il divorzio da Allegri si impone ineluttabile: le semifinali di Champions a cui abbiamo appena assistito con gli occhi strabuzzati e la lingua a penzoloni, ne sono la prova inconfutabile! In Europa devi correre, attaccare, pressare alto, verticalizzare e non attendere, difendere, provare a contenere l’impeto dell’avversario per poi sperare di infilarlo in contropiede! Allegri predica che il calcio è semplice, lo ripete come un mantra, ma il calcio si è evoluto, non è più quello di Nereo Rocco o di Trapattoni! Non è quello di Allegri! È quello di Klopp, di Pochettino, di Guardiola, di Ten Hag! Di chiunque abbia le chiavi del lucchetto di quel catenaccio che ancora imbriglia il nostro pallone!