Andrea Agnelli ha parlato durante la tavola rotonda “Le seconde squadre in Italia e in Europa, modello per il futuro?”, organizzato all’Allianz Stadium. “La gestione è molto importante – le parole del presidente della Juventus riportate da Ilbianconero.com – Per noi il quinto anno della seconda squadra. Noi qui non parliamo di innovazione, non stiamo innovando, stiamo copiando quello che altri fanno bene. Il passaggio è utile per la Juve ma non solo, è un passaggio di sostenibilità, non si investe per comprare e la prima retribuzione è più bassa. Quanti giovani stanno arrivando alla Juve? Sette-otto giocatori stabili in nazionale Under 20, non ci sono solo Miretti e Fagioli. Fin dal 2010 si voleva questo progetto. Grande merito a Costacurta che ha spinto a credere nelle seconde squadre. Ricevo una telefonata e dico: si fa è quello che voglio”.
Dopo le prime stagioni di transizioni, il progetto Under 23 della Juventus sta cominciando a dare i suoi frutti: “Al primo anno i giocatori non sapevano bene cosa fare erano abituati ai prestiti e c’era un clima di ostilità. Dopo 4-5 sconfitte vado al campo e spiego che loro sono Juventus e devono pensare che i giocatori della Juve devono pensare di essere Juventus e questo è un percorso di crescita. Zironelli, Pecchia, Zauli, Brambilla, il direttore Fusco, tutti i ragazzi che lavorano dietro, penso a tutti loro. Il percorso per i giocatori è difficile, chi si sente pronto è difficile che torni indietro. Miretti l’anno scorso ha giocato in Primavera, Under 23 e prima squadra e io gli ho detto: ma sai cosa stai facendo? Ma lui: “ho sempre giocato per la Juve, metto la maglia e gioco”. Chi arriva da fuori invece va gestito in maniera diversa”.
Presente anche il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, che ha elogiato la Juve, unico club in Italia ad avere la seconda squadra: “Il progetto seconde squadre fa bene alla Nazionale e anche alla Juventus. Lo dicono i numeri: nella sua seconda squadra la Juve ha schierato 97 giocatori, 27 hanno già esordito in prima squadra. Qualche riflessione va fatta. Un progetto di valorizzazione dei giovani in Italia è quasi inesistente e questo si vede con la Nazionale. Sono diversi anni che i calciatori del massimo campionato italiano superano il 65% e i calciatori Under 21 sono l’1%. Questo ha un riflesso negativo sulla Nazionale, ma a livello di asset fondamentale, per quanto riguarda il valore del patrimonio, del vivaio, dimostra che c’è qualcosa che non torna. Il progetto seconde squadre è stato visionato in maniera frettolosa, non approfondita. È sotto gli occhi di tutti che una società che ha creduto in quel progetto ha effetti positivi, importanti a livello di sistema del calcio italiano. La mia preoccupazione è legata al valore dei numeri: se nel campionato Europeo Under 21 siamo passati da 34mila minuti giocati dai nostri ragazzi alla metà, questo mi preoccupa rispetto ad altre realtà. A livello di Champions un minutaggio di un Under 21 è 5 minuti, rispetto agli 8mila della Francia. Abbiamo la responsabilità di capire se le norme che abbiamo adottato sono valide: lo sono per alcuni aspetti, ma vanno riviste. Oggi c’è preoccupazione in Italia nei rapporti, tra B e C. Questo la dice lunga sull’armonia, sulla compattezza d’intesa su questo progetto. Dobbiamo prendere di buono quello che abbiamo visto all’estero su questo tema. Tutte queste riflessioni richiedono una riflessione finale: bisogna vedersi in tempi rapidi per trovare delle conclusioni per tutte le altre società che nel 2018 hanno visto con preoccupazione il nascere di questo progetto”.