Nedved: “Preferisco essere antipatico, ma farmi valere e vincere”

Pavel Nedved, ex pallone d’oro e attuale membro del Cda della Juventus ha rilasciato in quel di Fiano, nella Club House dei Roveri, un’intervista al ‘Corriere della sera’. “Ho scoperto la vita senza pallone, mi sto abituando ancora oggi. In Inghilterra, senza ritiri, insopportabili, sarei durato di più, ma sono durato tanto lo stesso. Mi occupo della mia famiglia, viaggio quando posso. Ma ora il presidente Agnelli mi ha voluto nel Cda della Juve. Non avevo previsto di rientrare così presto nel calcio. La proposta mi ha onorato, soprattutto perché posso aiutare un amico”.\r\n\r\nDALLE STELLE ALLE STALLE\r\n“Un anno fa all’inizio non frequentavo lo stadio, ero stanco. Però mio figlio Pavel è tifoso del Chelsea e della Juve e allora ho ripreso ad andare con lui”. Sofferenza? “Uhu. Dopo un bell’avvio è stato l’anno peggiore della storia: non esiste vederla così in basso”. Ora deve crederci per ruolo. “Per carattere, prego: io penso positivo. Sarà dura, ma le cose facili non esistono. Di questa squadra apprezzo la compattezza, il gruppo, l’unità nei momenti difficili”.\r\n\r\nL’INTER? NON MI PIACE PARLARNE\r\n“Non mi piace parlare delle cose che non si sono avverate. C’erano tante offerte, tra cui quella dell’Inter. Il mio manager ha cercato di convincermi a continuare la carriera. Non l’ho ascoltato. Meglio il presente”. Il presente è Juve-Inter. “Non è mai stata una partita facile ma dal 2006 è ancora più sentita. Io spero che sia una bella sfida sul campo, lasciamoli giocare e che ci facciano divertire, scordiamoci del resto”.\r\n\r\nMENO SIMPATICI, PIU’ VINCENTI\r\n“Sono contento che ci sia un presidente come Agnelli che vuole battersi. Chi dovrebbe difendere la Juve e le sue ragioni se non i dirigenti? Non posso voler essere solo simpatico e non farmi valere, preferisco meno simpatia.Puoi anche non vincere, ma devi avere una mentalità vincente. Sono stato scelto anche per trasmettere questa idea, quella che avevamo nel gruppo storico”.

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Pubblicato da
Alberto Zamboni