La Juve è tornata a quella rabbia agonistica e volontà di imporre la sua forza che aveva lo scorso anno. Tutta concretezza, e fame ancora insaziata; e la grinta di Conte, la sua ferma convinzione sul lavoro che paga. Si è avuta conferma del peso di Vucinic, al di là anche del contributo personale non sempre ottimale, la parte di grande costruttore svolta con l’efficacia di sempre da Pirlo, la capacità per tutti di andare a rete e quella un po’speciale di Quagliarella. Una rivincita se l’è presa anche Giovinco, bersagliato da critiche un po’ ingenerose; il suo contributo l’ha dato sempre, il gol è sembrato una risposta ai detrattori. Tutto questo non per significare che la Juve è una macchina perfetta. Rispetto al grande dispendio di fatica che mette in campo, il risultato non è ancora paritario, ma per modificare lo scenario occorrono scelte mirate; ci sembra abusata l’etichetta di top player, andiamo sul concreto indicando un attaccante che senza sforzi apparenti sappia aprire le difese avversarie, meglio se da doppia cifra. Se ciò non sarà possibile, la Juve andrà avanti lo stesso, con qualche inevitabile sforzo in più sul piano collettivo.
\r\nNella parte finale dell’editoriale, poi, Moggi non lesina una stoccata al ‘nemico’ Moratti:\r\n
Relego nella parte finale l’ultima volée di Moratti, secondo il quale «gli errori degli arbitri ci sono sempre», detto a Videolina nel tentativo di ricucire i rapporti con i tifosi del Cagliari. Ci pare un bell’esempio di incoerenza rispetto alla guerra e alle insinuazioni di qualche giorno prima. La frase dice, però, una verità che non può essere trascurata; è la verità che Moratti si è sempre rifiutato di dire nel 2006, quando sosteneva di essere solo vittima di brogli e maneggi. Se gli errori ci sono sempre non fanno parte di alcun disegno, sono solo frutto di incapacità, come ha scoperto proprio in questa settimana. Il patron dell’Inter dovrebbe dirlo a più chiare lettere, visto anche che si è venuto a scoprire che i maneggi, intesi come spiate e dossieraggi illegali li ordinava lui, e non altri, che la sua Inter parlava con gli arbitri, per sorvolare sul passaporto di Recoba, sulla relazione di Palazzi e sulla mancata rinuncia alla prescrizione. Chi dice che non se ne può più della lite Moratti-Agnelli, non conosce la realtà dei fatti. E vuole evidentemente riconoscere l’attribuzione all’Inter di uno scudetto non suo, solo perché la Figc si è dichiarata incompetente a decidere. Il fatto è che lassù qualcuno continua ad amare l’Inter e il suo patron. Il “vaffa” di Moratti all’arbitro di Inter-Cagliari è stato puntualmente ignorato, Petrucci e Abete all’unisono hanno detto che comprendevano Moratti. Così è, se vi pare. A noi, com’è chiaro, non pare affatto.\r\n\r\n