Calciopoli ma non solo nella lunga confessione di Luciano Moggi. L’ex direttore generale della Juve torna sull’estate del 2006 ma ripercorre anche la sua carriera da dirigente bianconero, fra calciatori e allenatori.
Luciano Moggi è protagonista del podcast di Luca Casadei One More Time. L’ex direttore generale della Juve parla a 360 gradi della sua carriera, soffermandosi in modo particolare sugli anni in bianconero. Gli inizi come osservatore: “Alla Juve ho portato Scirea, Causio, Gentile, ce ne son tanti”. E non solo: “Il selezionatore dell’Under 21 di allora mi dice che alla Cattolica di Firenze c’era un ragazzino formidabile, con il fratello che giocava già alla Juventus. Era Paolo Rossi. Lo vado a vedere e mi entusiasma”.
Un altro calciatore che si è formato alla Juve è Zlatan Ibrahimovic: “Tutti dicevano che non sapeva tirare in porta, io per 3 mesi una volta a settimana andavo ad Amsterdam a vederlo. È una persona eccezionale, non avete mai sentito gossip su di lui. Era anche un giocoliere, ma dai 30 metri fa secco il portiere”.
Sugli allenatori avuti: “Ho avuto tre allenatori alla Juve. Lippi e Capello, due simboli, e Carlo Ancelotti. Carlo ha fatto dei buoni campionati: una volta 72 e una 73. Poi dopo si è trovato il disastro del Curi, la tempesta su quel campo e ha perso immeritatamente. Io ho continuato a sostenerlo perché era giovane”.
Inevitabile l’argomento Calciopoli, con Moggi che risponde così: “Ho sentito qualcosa dentro. L’attività mia era fondata sul far giocare bene le squadre, non c’era bisogno di comprare arbitri. A Berlino nel 2006, nel Mondiale, c’erano 6 giocatori della Juve nell’Italia. Nell’altra squadra che competeva con noi c’era Thuram, Trezeguet, Zidane. Sembrava Juve A-Juve B a Villar Perosa”. E su quel periodo aggiunge: “Ho pensato anche al suicidio. Ho pensato di tutto. Ho passato i primi tempi molto brutti ma la fede mi ha aiutato”.