Moggi “Il calcio italiano sempre più malato ma nessuno molla la poltrona”

Luciano Moggi non ci sta. Fatto fuori dalla giustizia sportiva e pronto a dare ancora battaglia nei tribunali penali, l’ex direttore generale della Juventus ha commentato oggi dalle colonne di ‘Libero’ gli ultimi scandali che stanno minando dalle fondamenta la credibilità del calcio italiano. Sempre che prima ne avesse una. “La situazione attuale del Calcio è veramente caotica,da ogni parte si odono squilli di tromba, è addirittura un susseguirsi di squilli, trombe e tanti, troppi tromboni – spiega Moggi – Peggio di così il  calcio Italiano  non poteva ridursi e le prospettive future sono ancora peggiori. Non c’è sfaccettatura che ne esca indenne. Una torre di Babele, ognuno esce fuori dal suo binario ed accentua la confusione. Che ci fa Prandelli a ipotizzare uno scenario di ritiro dall’europeo invadendo un campo che non gli appartiene? E che ci fa anche Buffon a parlare di tutto fuorché di calcio e lo dico pur sapendo che di motivi ne aveva, ma erano motivi che su indirizzi e metodi di indagine dovevano balzargli agli occhi già sei anni fa e allora non lo furono? Forse starà ora meditando che era meglio stare  zitto, vista la risposta ad orologeria subito giunta”.\r\n\r\nPer definire lo stato attuale degli organismi sportivi, Moggi arriva perfino a citare la Bibbia:\r\n

Torre di Babele dove chi dovrebbe fare chiarezza si nasconde dietro le cortine dell’insignificanza e dell’ovvio,  preso com’è a difendere la poltrona traballante sua e dei suoi sodali. Un comandante dovrebbe sapere quando è il momento di passare la mano davanti al cumulo dei fallimenti della sua gestione, ma da questo orecchio Abete non ci sente. Per lui “addà passà ‘a nuttata”,  dubito però che gli basti, la Nazionale è al minimo della considerazione e delle prospettive, e chi pensa ad un’operazione salvifica, come quella avvenuta nel 2006, in ragione di una concomitanza di eventi esterni, peraltro assai diversi, sbaglierebbe di molto. Quella che trionfò ai mondiali era una Nazionale forte, basata su una Juve forte e vincente, il suo allenatore era il Ct, questa di adesso è una piccola e slabbrata Italia, che ne ha presi tre dalla Russia, ma potevano essere di più, alla vigilia di uno scontro con la Spagna, che già potrebbe compromettere il cammino di qualificazione. Non si arriva per caso a vincere, ed ancor meno per caso si scivola sul fondo della scala dei valori. Quello che abbiamo di fronte è il risultato di una gestione agonistica che ha seminato incapacità ed errori con una ripetitività impressionante, c’era Abete (al suo debutto) nell’eliminazione dell’Italia nei quarti di finale dell’Europeo 2008, c’era lui nel fallimento dei mondiali 2010 e della Confederations Cup che li aveva preceduti, c’era ancora Abete nella mancata qualificazione dell’Under 21, che adesso ci toglie il palcoscenico delle Olimpiadi, c’era Abete anche nella bocciatura della candidatura italiana all’Europeo sorpassati da Polonia e Ucraina. E c’è Abete anche – in costanza permanente di suo comando – nella conversione di Palazzi da mr. Hyde a dr. Jekill, risibili pene a fronte di prove provate e di confessioni dichiarate nella Scommessopoli di oggi. Un colpo di spugna? No molto di peggio, è la legalizzazione delle scommesse, pochi mesi per cavarsela, poi di nuovo in campo, aperti ad altre tentazioni. Dove sono finiti i proclami  draconiani non si sa, la disponibilità a collaborare e a patteggiare si confonde con la licenza di scommettere e di truccare, perché qui si tratta di gare truccate e dunque totalmente alterate, a danno anche di terzi.

\r\nInevitabile, per Moggi, non mettere a confronto lo scandalo scommesse con la farsa di Calciopoli del 2006.\r\n

Il confronto con il 2006 è devastante: allora l’ergastolo a fronte di chiacchiere, di reati inesistenti e anche inventati, e di gare e campionato non alterati, così stabilito non solo dalla Corte Federale di Sandulli, ma anche dal giudizio penale di primo grado, ora qualche punticino di penalizzazione e qualche mese da scontare. Uno scandalo nello scandalo e Palazzi dovrebbe spiegare quale luce abbagliante, e anzi disturbante, tale da confondergli le idee,  abbia avuto sulla via di Damasco di questi nuovi processi, e più di lui deve spiegare Abete, che dice ora che sì, lo Statuto gli consente di impugnare le sentenze, ma ci deve pensare. Sicuramente il nostro Presidente  non dormirà sonni tranquilli, non può riuscirci chi ha voluto comminare l’ergastolo sportivo  senza che nessuna accusa sia mai stata provata,ma anzi addirittura esclusa, mentre si accinge ora ad avallare questa conversione ad U dei tribunali sportivi.  Molto più che due pesi e due misure, peraltro già utilizzato da Abete a proposito di radiazioni, cancellata anche a chi aveva il capo di accusa di una valigetta piena di soldi. Già, i soldi, è la materia che nel 2006 non c’era, e che adesso è connaturata al calcio scommesse. Strano che Petrucci stia zitto, forse è frenato dall’Europeo già entrato in dirittura, e ci sono anche le Olimpiadi, o dal mandato in scadenza.  Ma quando il troppo storpia, il capo dello sport italiano deve sentire il dovere di intervenire, anche per non  restare invischiato nella colata di fango caduta sul calcio. Se si è arrivati a questo punto, è perché c’è chi si adagiato, combattendo a cinque anni di distanza ancora “la battaglia” (?) di Calciopoli, così non  accorgendosi che tutto il resto crollava, è anche questa una colpa di Abete, che discende dal fatto che per troppo tempo è rimasto a comandare e a sbagliare, se ne è accorto anche Mennea, “servono facce nuove”, dice, “ci sono dirigenti che sono lì da 30/40 anni”, e la canzone può riferirsi  anche a Petrucci. A Moratti che nelle sue fantasiose elucubrazioni pro domo sua sosteneva che Calciopoli era stato più grave gli rimando quello che dice Luca Pancalli, già commissario della Federcalcio e attuale vicepresidente del Coni, “Rispetto a calciopoli è uno scandalo molto più grande, è il malessere di un intero sistema, bisogna intervenire in maniera forte”. E quale se non un commissariamento, oltre a pene adeguate?\r\nIl procuratore aggiunto antimafia Antonio Ingroia ha liberato i veli della sua fede calcistica, sentenziando di un’ Inter “campione di legalità”. Trascuro la professione di tifoso, già molto inopportuna, ma chiedo al magistrato se ha mai saputo dei documenti taroccati di Recoba, con condanna passata in giudicato per Oriali, e della relazione di Palazzi con la sua conclusione di un’Inter colpevole di illecito sportivo e quindi di possibile retrocessione, pratica non andata avanti per prescrizione. Ad ognuno il suo, Ingroia bravissimo nel suo campo, non vada oltre per non incorrere in falle.