Missione compiuta: Fabbri-Irrati bomber di razza, regalano i tre punti alla Lazio

Dagli errori arbitrali alla mancanza di cattiveria, passando per un mercato incompleto: un’analisi a mente fredda post Lazio-Juventus

La Juve crolla all’Olimpico, prima o poi doveva capitare dopo mesi di imbattibilità e record vari. Non sempre poi si può vincere, e non sempre si può farlo senza avere la giusta cattiveria agonistica per tutta la gara. E’ successo a Roma, contro un’ottima Lazio sospinta da un pubblico caloroso, da una grinta che raramente gli avevamo visto mostrare in altre circostanze e, diciamolo pure, dalla determinazione dei suoi bomber, la coppia… Fabbri-Irrati. L’arbitro ravennate è infatti apparso in splendida forma, ovviamente per gli antijuventini: piuttosto confuso e confusionario, ha fischiato praticamente solo contro la Juventus, arrivando perfino a non espellere Luiz Felipe per una entrata a martello su Matuidi da rosso diretto, e cacciando invece dal campo Cuadrado per un fallo da ammonizione. Giallo che lo stesso fischietto aveva già estratto per il colombiano, salvo poi trasformarlo in rosso su richiesta di Immobile e dopo aver consultato il compare Irrati al VAR.

Il resto lo ha fatto, anzi, non lo ha fatto la stessa Juventus, apparsa distratta ma, come scritto prima, anche poco determinata e sfortunata negli episodi chiave. Ciò che è mancato sabato, e l’ho scritto non meno di dieci giorni fa, al di là delle carenze a centrocampo che denuncio ormai da tempo, è stata proprio la cattiveria agonistica nel chiudere la gara quando si era in vantaggio di un gol, oltre a quella lucidità che nei momenti difficili fa la differenza tra la grande squadra e le piccole. Così, come avevo purtroppo pronosticato, nel momento in cui il campioni non hanno inciso con la giocata risolutrice e la Dea bendata si è girata dall’altra parte, la Vecchia Signora è caduta. Una caduta sulla carta indolore, visto che è sempre a un tiro di schioppo dalla momentanea capolista Inter e che il campionato è ancora lungo, ma che deve far riflettere in primis la società.
Siamo infatti sicuri che, come asserisce Paratici, va tutto bene e siamo forti così? Perché a me, e credo anche a tanti, sinceramente sembra che la dirigenza abbia le sue colpe e che queste siano sostanzialmente due:

La prima: il silenzio sui torti subiti e sul fango che la società riceve ogni settimana da cani e porci. È un atteggiamento che mai capirò e che non può essere liquidato solo dicendo che “è una scelta di stile”. Lo stile lo si può avere e mantenere anche difendendo se stessi, i propri interessi e la propria immagine. E da questo punto di vista mi sembra che giustamente la famiglia Agnelli-Elkann non ha mai lesinato sforzi per tutelare se stessa.
Attitudine al martirio? Può darsi, ma ora però smettiamola che qui santi non faranno mai nessuno, anzi. E poi, per chi o cosa? Per qualche sfigato idiota che gongola tronfio in TV o scrive baggianate sui giornali? Gente che non sa apprezzare nessun gesto di quella sportività che non riconoscerebbe nemmeno se gli mordesse la mano?

La seconda: l’ostinazione a non volere mai ogni anno provare a sistemare la squadra a gennaio. Un mercato fatto apposta per compensare errori o mancati obiettivi estivi sembra tabù solo per la Juventus. La squadra, così com’è, non è costruita bene. Rosa ampia, ma solo sulla carta vista la predisposizione di molti atleti all’infortunio e i buchi in certi ruoli. Da questa estate mancano un vice Alex Sandro di ruolo, almeno un centrocampista dinamico e tecnico, e una punta dal gol facile.
Con gli infortuni di Khedira e Bentancur, la predisposizione agli acciacchi di Ramsey, l’inconsistenza di Bernardeschi e Emre Can, tra l’altro con le valigie già pronte, Sarri può contare solo su tre centrocampisti: Pjanic, Matuidi e Rabiot. Altro che abbondanza!
Quindi o Paratici sta bluffando, o Dio salvi la Regina bianconera dal disastro.
Perché per qualcuno è facile dare la colpa a Sarri, difficile invece ammettere che se a un pilota dai da guidare una macchina con componenti vecchi e logori e con ricambi di scarsa qualità, poi diventa difficile condurla con sicurezza e senza commettere errori.