Secondo il vice presidente dell’Aic, Leonardo Grosso, il nuovo contratto di Giorgio Chiellini potrebbe essere invalidato. A rispondere alla polemica, ci ha pensato il direttore generale della Juventus, Beppe Marotta, in un’intervista concessa al quotidiano torinese “La Stampa”.\r\n\r\nBeppe Marotta, con questo contratto siamo davvero alla svolta epocale come dice il procuratore di Chiellini?\r\n”Se ci riferiamo all’arretratezza dell’attuale rapporto tra società e calciatore è una svolta. E può essere un viatico per il nuovo accordo collettivo”.\r\n\r\nNel senso che, sul piano economico, sposta l’equilibrio a favore delle società?\r\n”Nel senso che i calciatori sono un aspetto importante dei bilanci. Il costo del lavoro incide per il 70 per cento sui ricavi. E non può più essere una voce immutabile che non tiene conto dei ricavi legati agli obiettivi”.\r\n\r\nInsomma se le cose vanno male deve pagare anche il calciatore?\r\n”Faccio un esempio. Non essere andati in Champions League ha portato alla Juve un danno tra i 20 e i 30 milioni. Oppure pensi alle società che retrocedono e devono pagare comunque stipendi da serie A. Non vedo lo scandalo nel rendere flessibile la parte economica adeguandola al principio che se raggiungi gli obiettivi guadagni di più, se li fallisci guadagni meno”.\r\n\r\nA quanto può spingersi questa flessibilità?\r\n”Non parlo del caso di Chiellini. In generale credo che si possa superare il 50 per cento dello stipendio base”.\r\n\r\nPer chi ha ingaggi altissimi può funzionare, per chi percepisce poco c’è il rischio di trovarsi con ingaggi bassi.\r\n”Infatti stiamo parlando di una nicchia, quella della serie A, dove la media è di 700 mila euro netti all’anno”.\r\n\r\nLe medie si fanno tra Ibrahimovic e un calciatore del Chievo o del Lecce.\r\n”Infatti ciascuno contratterà a seconda del proprio caso. I contratti individuali prenderanno sempre più piede rispetto a quello collettivo. Quello che conta è aver creato un format che abbassa il rischio d’impresa. Del resto una volta nel calcio italiano esisteva già una variabile ed era il premio partita. Ricordo che in certi club di serie B se vincevi tre partite su quattro guadagnavi fino al doppio dello stipendio base. Poi fu abolito”.\r\n\r\nNon funzionava?\r\n”È che all’inizio degli anni Novanta l’Associazione calciatori approfittò della debolezza della Lega e lo fece togliere. Ora per la prima volta trova una controparte molto tosta”.\r\n\r\nNel contratto di Chiellini ci sono però aspetti che incidono sulla libertà dell’individuo. Ad esempio il fatto che l’atleta debba sempre presentarsi con un abbigliamento elegante o casual-elegante. E se in estate gira per Torino in bermuda?\r\n”Sono fatti suoi. A noi preme che in tutte le situazioni legate all’attività sportiva non si mostri trasandato, ad esempio che non venga alla presentazione in infradito. Il calciatore è anche immagine del brand che rappresenta e che lo paga”.\r\n\r\nAltro aspetto. Il divieto di critica: come la mettiamo?\r\n”È una questione di modi. Se la critica rientra in una forma democratica di espressione va bene, se è un insulto no. Guardi nella sostanza cambia poco. Abbiamo voluto soltanto fissare nel contratto parte delle norme previste nel regolamento interno”.\r\n\r\nAnche il divieto di avviare attività parallele senza il vostro permesso?\r\n”Una volta il calciatore dedicava più tempo alla vita della comunità in cui lavorava. Andava in sede, si fermava al campo. Oggi c’è chi, appena finito l’allenamento, scappa perché ha mille cose da fare, tra sponsor e altre attività. Non è giusto. Alla Juve abbiamo già introdotto regole che portano i giocatori a fermarsi a Vinovo per la colazione e il pranzo. Sembra funzionino. Senza contare che un giocatore che pensa agli affari extra calcistici spesso perde la tranquillità e rende meno. In fondo siamo noi a pagarlo. E bene”.