Marotta: “Futuro? Non mi vedo in club diverso dalla Juve”

Beppe Marotta, dg e ad dell’area sport della Juventus, ha parlato in un faccia a faccia con Marco Bellinazzo del quotidiano Il Sole 24 Ore

Beppe Marotta intervistato da ‘Il Sole 24 Ore’, si è raccontato a 360 gradi, partendo dagli inizi nel mondo del calcio. “Ho realizzato il sogno di un bambino che a sette anni, dopo scuola – racconta il dg e ad dell’area sport della Juve – , scappava allo stadio dove si allenava il Varese, per spiare gli allenamenti, raccattare i palloni e respirare da vicino quell’emozione che chiamiamo calcio. Io allenatore? Solo una volta a Varese e ho capito che non era il mio destino. Io volevo intraprendere la carriera del dirigente. E la mia fortuna è stata quella di incrociare uno dei primi grandi mecenati sportivi, Giovanni Borghi. L’apprendistato fatto allora non termina mai. Perché ci si deve sempre mettere in discussione per colmare le proprie lacune. Senza quest’approccio non si va da nessuna parte”.

Dopo tanta gavetta, Marotta è arrivato alla Juve, dove si è affermato quale uno dei dirigenti più importanti a livello mondiale. La Vecchia Signora vince mantenendo i conti in ordine ed è un modello per tanti.

“La vittoria più coinvolgente resta la conquista del primo titolo della Juventus a Trieste – continua – dove si è disputata la partita contro il Cagliari in campo neutro. Ho coronato un sogno. Il mio sogno professionale. Ma è stato ancora più emozionante perché quello scudetto è stato il primo della nuova dirigenza e di Antonio Conte come allenatore. Dopo il settimo posto della stagione precedente il nostro comune imperativo era riportare la Juve in auge. E ci siamo riusciti”.

Marotta e il tabù europeo

I tifosi bianconeri sono comunque abbastanza divisi sulla figura del dg: gli viene imputato infatti di avere il braccino corto e di non fare così il salto di qualità in chiave Champions. Due finali perse in tre anni bruciano e non poco.

“Ecco, la finale persa a Cardiff contro il Real Madrid, lo scorso giugno, è stata la delusione più grande di questo periodo. Ma io tengo sempre a mente una frase di Nelson Mandela che dice “Io non perdo mai: o vinco o imparo”. E da quella esperienza abbiamo imparato alcune cose. Chiamiamolo il know-how che serve per ottenere certi trofei. Un mix di esperienza e di capacità di essere lucidi nei momenti topici. Per cui per noi la sfida riparte. Siamo ancora più determinati”.

Da quando è alla Juve, Marotta ha comprato tanti campioni, ma anche venduti altrettanti: l’atteggiamento del club è quello di non trattenere nessuno per forza, ma soprattutto che nessuno è incedibile di fronte ad offerte stratosferiche.

“In 40 anni ho attraversato tutte le trasformazioni di questo settore – insiste il dirigente bianconero – , dal mecenatismo all’avvento delle tv, dall’invasione della finanza a questa nuova era in cui il trading dei calciatori ha definitivamente seppellito il romanticismo. Bandiere che incarnino lo spirito di una squadra e la identifichino non ce ne sono e non ce ne saranno più. Totti e Buffon saranno ricordati come gli ultimi esemplari del calcio classico”.

Marotta e il futuro

Il futuro? Marotta sostiene che il calcio andrà verso i contratti a tempo, quasi senza più vincoli. Di sicuro, il suo posto sarà sempre alla Juventus, impossibile vederlo altrove.

“Il calcio d’élite sarà sempre più una forma di entertainment. I calciatori migliori saranno sempre più delle star dello show business. E vivranno di ingaggi temporanei, come gli attori del cinema, quasi senza più vincoli contrattuali, se non per quel dato spettacolo o per quella data manifestazione. Possiamo non desiderarlo come innamorati del calcio, ma l’economia mondiale spinge in questa direzione. Resto alla Juve? Certo, non mi vedo in un altro club. Piuttosto vorrei dare un contributo alla politica sportiva, mettere a disposizione la mia esperienza per provare a salvaguardare almeno nel calcio non di vertice quella valenza sociale ed etica che fa dello sport qualcosa di imprescindibile”, conclude.