Mercoledì sera a San Siro è andata in scena un’altra lezione della Juventus alle sue rivali. Una masterclass gratuita sul come e perché da nove anni consecutivi “Lei” vince e le altre stanno a guardare. Nonostante infatti i limiti di una squadra in fase di costruzione, nonché priva di alcuni elementi importanti, “assenti” per questioni di salute o a causa di un mercato incompleto, i bianconeri hanno battuto un ottimo Milan in uno scontro diretto da “dentro o fuori”, dove non tutto ha funzionato alla perfezione, anche a livello arbitrale, ma che alla fine ha premiato la squadra più forte: di testa, di gambe e di tecnica.
Con buona pace di chi, da dietro una scrivania o dai salotti televisivi, alimenta gli animi di qualche facinoroso con commenti deliranti e insensati, o si nasconde dietro mille alibi o una ASL. Ed è forse è anche per questo che società abituate alla cultura del lavoro come la Juventus, spingono per dar vita a un campionato internazionale riservato alle squadre di club più blasonate d’Europa. Che i tornei di paese se li giochino le altre. Che certi provincialismi, certe mentalità retrograde rimangano confinate altrove.
Nel frattempo, però, bisogna continuare a convivere con questa realtà e provare a crescere oltre che nella continuità di gioco, anche dal punto di vista tecnico, per farsi trovare pronti in vista dei vari impegni di questa faticosa quanto anomala stagione. La sfida coi rossoneri ha infatti restituito al campionato e ai suoi tifosi una Vecchia Signora tosta, combattiva, “attenta” per larghi tratti della gara (tranne dopo lo 0-1), ma ritengo che occorra ancora lavorare per perfezionare il tutto, sul campo e fuori. La Juve sembra aver imboccato la strada giusta, i giocatori credono in ciò che Andrea Pirlo sta tentando di costruire, e questa è la miglior assicurazione per evitare altre rovinose cadute.
Ma mentre la squadra dovrà concentrarsi con convinzione sulle prossime e difficili sfide di campionato, la società dovrà muoversi con decisione sul mercato di gennaio, che presumibilmente, o almeno è ciò che mi auguro, porterà quei rinforzi – almeno uno in mediana e l’altro di punta – richiesti “dal campo” e dallo stesso tecnico juventino.
A patto però che, come accaduto in passato, non si punti a obiettivi di secondo piano. Perché se il discorso può andare bene per l’attaccante di scorta, lo stesso non può essere accettabile per un reparto, il centrocampo, dove manca un campione vero, uno che abbia personalità da vendere e magari quelle caratteristiche tecnico-fisiche che mancano agli attuali elementi in rosa.
Lì va fatto uno sforzo, se possibile, perché la crescita di questa Juventus, e a Torino la dirigenza lo sa benissimo, non può passare dalla spesa per qualche onesto mestierante. Semmai anche da quello, mirato, di almeno due campioni tra gennaio e giugno. La Juventus attuale, al netto degli infortuni, ha un ottimo organico e diversi giovani talenti in squadra (alcuni, come il terzino destro Bryan Reynolds e il centrocampista Nicolò Rovella, in arrivo, anche se verranno girati in prestito; altri, come l’olandese Ryan Gravenberch, speriamo a giugno), pertanto ha solo bisogno di fare un paio di innesti di un certo peso, senza guardare alla carta di identità, per rinforzare una rosa a quel punto capace di operare la transizione tra un ciclo e l’altro in maniera indolore, continuando a dettare legge in serie A e, mi auguro, di andare ad alzare finalmente la tanto agognata “Coppa dei Campioni”.