Leonetti: “Tornare a giocare? Alcuni presidenti non capiscono la gravità della situazione”

Brillante giornalista sempre informato sulle faccende di casa Juventus, Franco Leonetti espone il suo pensiero sull’attuale situazione calcistica

Il Covid-19 ha messo e sta mettendo in ginocchio l’Italia. Considerando il dramma che sta vivendo il nostro Paese, qual è la tua opinione sull’eventuale ripresa del campionato?

«Una pandemia, un evento impossibile da prevedere, un periodo terribile per l’intero pianeta. La salute dei cittadini anzitutto, poi quella dei giocatori e di chi ruota attorno a un club. Ciò che conta oggi è solo la salute pubblica. Il calcio deve adeguarsi a questa situazione spaventosa, angosciosa, che sta provocando tante vittime. In questo momento non ci sono le condizioni sanitarie per riprendere gli allenamenti, figuriamoci per scendere in campo. Certo, la non ripresa del campionato provocherebbe danni economici ingentissimi: oltre 720 milioni per la sola Serie A. Vedremo se più avanti ci sarà la possibilità di riprendere. Ad oggi vedo estremamente complicata l’idea di ricominciare con il calcio giocato».

Proprio in virtù di questa emergenza è stata avanzata la proposta di tagliare gli stipendi in Serie A (e non solo). Un segnale, questo, molto forte in tutti i sensi. Se ciò andasse in porto, quanto cambierebbe lo scenario economico per i calciatori?

«Lo stop forzato per il Coronavirus obbliga i club a pensare ad una decurtazione degli stipendi, a mio parere giusta. Evidente che non ci sono soltanto Cristiano Ronaldo, Lukaku, Dybala e tanti altri campioni, ma bisogna pensare a Paleari, portiere del Cittadella o ad altri giocatori di Serie B, ad esempio. La riduzione degli stipendi, se si vuole fare una cosa oculata e intelligente, dovrebbe essere rapportata alla categoria in cui militano i calciatori, nonché al movimento economico che si genera. Il problema, in Italia, va affrontato presto, questione che in altre nazioni come Germania, Francia e Svizzera è già stata trattata».

Per ciò che concerne i tamponi ai giocatori, diversi medici hanno innescato una polemica legata all’estrema rapidità dei controlli sugli atleti e, più in generale, sui personaggi dello spettacolo, al contrario di quanto avviene per il personale medico. Ritieni che si possa trattare di doppiopesismo?

«Per quanto riguarda lo sport, e con i calciatori vero patrimonio della società, mi pare ovvio un monitoraggio costante dello stato di salute dei principali interpreti. Poi ci sono club che non hanno ancora fatto i tamponi. Insomma, tutto è a discrezione delle singole squadre. Invece, ho opinione diversa per gente fuori dallo sport. Mai come in questo momento, la pandemia ci ha messo di fronte a una situazione comune, ovvero: ogni cittadino è uguale davanti alla malattia. Quindi, i tamponi andrebbero effettuati a tappeto, senza distinzione di ceto sociale, professione e fama. Chiaro che sia impossibile ricorrere ai tamponi per tutti gli italiani, per una questione di numeri e costi. Però si eviti una distinzione che, davanti a un virus rischioso e drammatico per ognuno di noi, fa crescere solamente l’impotenza del singolo cittadino».

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A proposito dei dati sul Coronavirus, nel corso dell’ultima assemblea di Lega Serie A (tenutasi logicamente in videoconferenza), il presidente Claudio Lotito, che non perde mai occasione di esporsi a figure da peracottaio, ha affermato che il Covid-19 «si sta ritirando». Andrea Agnelli, prontamente, ha replicato al patron della Lazio ironizzando e definendolo «un esperto virologo». Che idea ti sei fatto su questa querelle?

«Purtroppo, alcuni presidenti, o non hanno capito la drammaticità della situazione o vivono su altre galassie. Mai come oggi, il calcio tutto dovrebbe allinearsi all’emergenza nazionale, evitando atteggiamenti scomodi atti a speculare o lucrare su un campionato da riprendere. La priorità, in questo momento, è sconfiggere il Covid-19, trovare un vaccino e tornare alla vita quotidiana. E l’attesa, purtroppo, sarà ancora lunga. Capisco la smania di certi presidenti di riprendere l’attività e limitare le perdite economiche, con una chimera tutta calcistica aperta sullo scudetto. C’è chi non si vuole rassegnare e fa di tutto per riportare il calcio in campo. Un’ennesima occasione persa per tacere da parte di tutto il movimento, di adattarsi ed evitare figure barbine. Il calcio ha sempre assunto questo atteggiamento. Alcuni dirigenti, nemmeno davanti a una pandemia mondiale, riescono ad abbandonare aspetti scomodi e con poco rispetto verso le vittime, così come nei confronti dell’incessante lavoro di medici, scienziati, paramedici e forze dell’ordine».

Spostando l’attenzione sul calcio giocato, nello specifico sul mercato, cosa bolle in pentola alla Continassa in vista della prossima stagione?

«Tutto è legato ai pesantissimi danni economici che questo virus sta creando. Ad oggi, rispetto alle stagioni normali, i direttori sportivi non hanno nemmeno la quantificazione del budget eventualmente spendibile sul mercato. Quindi diventa impossibile pensare ad acquisti e cessioni in estate. La Juve deve rinforzarsi per la prossima stagione. Penso a un centrocampista di grande spessore, come uno fra Pogba e Milinković-Savić, che aumenterebbero la qualità in mediana. Mentre per il ruolo di centravanti mi vengono in mente due nomi: Icardi e Harry Kane. Chiunque possa arrivare tra i due significherebbe fornire lucentezza all’attacco bianconero, oltre ad assicurare un bel bottino di reti. Dybala è intoccabile e va verso il rinnovo fino al 2024, mentre Ronaldo potrebbe rinnovare per uno o due anni. Poi ci sarà da capire che fine faranno i “cavalli” di ritorno: giocatori di proprietà Juventus come Romero, credo destinato altrove, nonché Luca Pellegrini che ha buone chance di ritornare sotto la Mole. Qualche sacrificio in partenza andrà fatto e un paio di big potrebbero emigrare. Dunque, anche il mercato, in questo frangente storico, è subordinato al virus e a quella che sarà l’eventuale ripresa del campionato, probabilmente in estate, con un altro problema non indifferente: la scadenza dei contratti di tanti giocatori fino al 30 giugno. Allo stato attuale, tutta la situazione calcio e calendari, da qualsiasi ottica la si voglia analizzare, è un ginepraio di difficile interpretazione e soluzione. Speriamo bene, innanzitutto per la salute di tutti noi e poi per poter rivedere il calcio giocato. Vorrebbe dire aver vinto questa tremenda guerra contro un nemico subdolo, invisibile, pericoloso, che ha radicalmente azzerato tutta la vita sociale».