Lecce-Juventus come il Napoli di Sarri: solo il gioco non basta

Lecce-Juventus mi ha lasciato un senso di déjà vu: il Napoli di Sarri lasciava spesso punti per strada come fatto dai bianconeri ieri in Puglia

Lecce-Juventus mi ha lasciato un forte senso di déjà vu. La premessa, al solito è d’obbligo: nessuno mette in discussione il cambio di mentalità che vive e lotta con noi, ma la partita del Via del Mare io l’ho già vista e più volte. Mi sto riferendo al Napoli di Maurizio Sarri, che per alcune stagioni ha provato a contendere il primato italiano della Juve non riuscendoci anche perché ha gettato spesso alle ortiche punti esattamente come fatto ieri dai campioni d’Italia in quel di Lecce.

Fino allo scorso anno leggevo in giro che la Juventus giocasse male per colpa di Massimiliano Allegri, che imponeva ai calciatori una gestione errata delle partite. Gol e poi subito abbassamento delle linee per gestire risultato e forze. Le squadre effettivamente rispecchiano i loro allenatori e se lo faceva la Juve dello scorso anno, lo fa anche quella di quest’anno. Sarri continua a ripetere che non gli garba la gestione delle partite, che bisogna chiuderle prima che si complichino. Per chiudere le partite, però, serve la cattiveria che aveva la Juventus di Conte o la pragmaticità di quella di Allegri. Il gioco, come conferma (se cene fosse bisogno) la gara di ieri, da solo non basta.

A Lecce una Juve senza attributi

Quella vista a Lecce è stata una squadra senza attributi e che ha affrontato la partita con sufficienza. La classica sufficienza di chi si specchia nella propria bellezza ed è convinto che prima o poi la vittoria cada dal cielo per grazia ricevuta. La semplicità con cui i bianconeri si inserivano nel burro della difesa leccese ha convinto Dybala, Bernardeschi e soci che si sarebbe vinto in scioltezza con un punteggio largo. Ne ho viste tante di partite così durante la parentesi al Napoli di Sarri. Tanto possesso palla, bei fraseggi al limite dell’area, tante occasioni da gol, ma alla fine i vari Chievo, Sassuolo, Genoa e compagnia portavano a casa punti pesantissimi nella lotta scudetto.

Un’altra impressione negativa che ho avuto ieri è quella relativa alle rotazioni. Mi è parso un turnover “forzato”, quasi a voler accontentare chi gli chiede da tempo di sfruttare per intero la qualità della rosa. E anche qui la sensazione di déjà vu è fortissima. Succedeva anche al Napoli che dopo una partita persa o pareggiata in seguito a rotazioni di rosa, Sarri si presentasse in conferenza stampa arroccandosi: “Vi lamentate quando non faccio turnover, quando lo faccio però…”. È uno dei limiti riconosciuti del tecnico bianconero: i calciatori vanno ruotati al momento giusto e nei ruoli giusti, eventualmente anche modificando l’assetto tattico.

Rotazioni e cambi da rivedere

Fa specie, ad esempio, che i centrali di riserva (Rugani e Demiral) abbiano giocato una sola partita in due dopo 12 gare ufficiali. Inoltre, quando la partita si appiattisce per via di avversari particolarmente arroccati in difesa, Sarri non modifica mai l’atteggiamento, sostituendo solo le singole pedine nella speranza che chi subentra faccia semplicemente meglio di chi esce. Cambiare un calciatore solo su 11, spesso, implica modifiche alla tattica di tutti gli altri in campo, per via di caratteristiche e inclinazioni dei singoli da coniugare in un concerto di strumenti. In questo Sarri, che sta facendo già molto bene dopo pochi mesi di lavoro alla Continassa, può e deve ancora migliorare. La Juve è il top anche in questo: oltre ai giocatori, a Torino fanno grandi anche gli allenatori.