La storia è scritta, non resta che raccontarla

(Di Mirko Nicolino)\r\nEra all’incirca un anno e mezzo fa. Qualche settimana in più forse. Un amico mi invitò a partecipare alla presentazione delle nuove scarpette di Alessandro del Piero. Impegni di lavoro mi impedirono di esserci, ma per fortuna Alessandra Roversi (ringrazio l’amico Antonio Corsa per avermi fatto conoscere questa splendida persona), riuscì a sostituirmi e a fare un paio di domande al capitano in mia vece. Avevo chiesto ad Ale, poi, di portare ad Alex “qualcosa” da far autografare per mio figlio: da lì a pochi giorni, infatti, sarei diventato padre (con non poche complicazioni e sofferenze, purtroppo) e poter mettere sulla culla del mio “erede” un gioiellino griffato Del Piero sarebbe stato un elemento di vanto, di orgoglio, nonché un piccolo aiuto per superare una serie di ostacoli inaspettati che la vita mi stava per riservare. Avrete già immaginato che il capitano si è prestato ovviamente alla cosa e in capo a qualche settimana, nella mia stanza da letto ha cominciato ad imperare un gagliardetto con la dedica di Alessandro Del Piero al piccolo Saverio. Che ancora non ha capito l’importanza e il valore di quell’effigie: la guarda, me la indica (ora ha un anno e mezzo) e mi canticchia: “Papà, Juve Juve Juve…”. Un giorno dovrò spiegargli cosa c’è realmente dietro quello stemma, ma soprattutto dietro quella dedica che riporta in calce un nome, un cognome e un numero: “Alessandro Del Piero 10”. Un giorno, appunto, non ora. Ora è il tempo degli applausi, delle lacrime magari, ma è ancora il presente. Del Piero c’è, ci sarà fino a giugno con la sua casacca bianconera indosso e con gli scarpini ancora ben allacciati.\r\nInutile negarlo a me stesso (anche se ci ho provato, lo ammetto): l’annuncio di ieri di Agnelli non mi è piaciuto, ma non mi ha sconvolto la vita (in fondo lo si sapeva già che sarebbe stato l’ultimo anno di Alex). Tempi e modi avrebbero dovuto (sottolineo) non essere quelli: lo hanno sottolineato in tanti, Tacchinardi, Rampulla, Moggi… Moriremo tutti, non morirà nessuno. Sto con l’amico Antonio Corsa, non è il tempo delle critiche, ma degli applausi. E non me la sento nemmeno di criticare il Presidente: ho riguardato il video dell’annuncio più volte: la voce ferma di Andrea Agnelli al momento di pronunciare le fatidiche parole si frammenta, denotando una sofferenza interiore che sale fino alla gola e che dev’essere per forza rimandata giù. Lo dico con tutta la sofferenza per l’addio di Del Piero ricacciata nello stomaco: ieri Andrea Agnelli ha avuto gli attributi! E grossi così. Era in corso un Cda importantissimo, ieri, forse il più importante di tutti i 114 anni di storia bianconera, visto che il passivo dell’esercizio precedente è stato il peggiore da quando la società ha visto la luce. Momento delicato, si viene da un tunnel lunghissimo e particolarmente buio di cui grazie alla squadra attuale stiamo intravedendo un po’ di luce, e dare l’addio proprio ora ad Alex non sia affatto facile. Una storia durata quasi 20 anni, nel corso dei quali si è vinto di tutto e di più. Ho praticamente la stessa età del presidente e sarei uno scriteriato se non credessi (e lo credo come tengo a tutte le nostre singole vittorie da quando sono nato bianconero) che Andrea ha sofferto, soffre e soffrirà ancora per quanto ha dovuto dichiarare ieri in Cda. D’altronde è un presidente con l’elmetto (l’ho definito così tempo fa in un articolo su Uccellinodidelpiero.com): le battaglie che sta facendo ora su tutti i fronti di Calciopoli le abbiamo già dimenticate. Certo, tardive direte voi, “dovevamo difenderci prima!”, ma da quando è in sella, il Presidente ha dimostrato di non voler lasciare nulla di intentato, presentandosi persino di persona al Tnas. E allora, clap clap clap. C’è un applauso lungo ancora 8 mesi da tributare ad Alex Del Piero, che statene certi, era già vaccinato e non si butterà giù, anzi. La sua storia dimostra che proprio nei momenti più difficili è in grado di rialzare la testa e andare a compiere imprese che difficilmente qualcun altro potrà eguagliare. Vorrà lasciarci con un trofeo, anche per questo ha firmato in bianco, il capitano. Quello che poi andrà a fare dopo averci lasciato, poco importa: la storia che ha scritto in questi (quasi) 20 anni è un’opera monumentale, e sarà di certo affascinante da raccontare.\r\n\r\nCredits foto: La Stampa