La Stampa: lo speaker salva l’Olimpico di Torino
Appena quattro giorni fa, la Juve aveva dato «Un calcio al razzismo», patrocinando con l’Unesco un premio sui temi dell’inclusione sociale dedicato agli studenti, ma ora si trova di nuovo sotto processo per i versacci di domenica sera contro Mario Balotelli. Nell’aprile scorso, gli insulti razzisti contro il giovane interista fecero chiudere per una giornata le porte dell’Olimpico, e il ricorso fino all’Alta corte del Coni, dopo due pronunce sfavorevoli (giudice sportivo e corte federale), fruttò solo una sospensione. In giornata arriverà la decisione del giudice sull’ultimo episodio, e l’impressione che la sanzione dovrebbe essere minore (una multa) non scaccia la delusione per cori ignobili diventati ormai una consuetudine, in quasi tutte le curve (a Bologna, il giorno prima).\r\nPer questo la Juve non può avere sorrisi, ma una coscienza cui aggrapparsi sì. Ieri il club, ufficialmente, ha preferito tacere, e tanto meno commentare le parole di José Mourinho, preferendo far parlare le iniziative messe sul campo per combattere l’odioso virus. Venerdì scorso, per esempio, è stato lanciato il premio istituito dal Centro Unesco di Torino e patrocinato dalla Juve, riservato ai giovani tra i 18 e i 25 anni e agli istituti superiori di secondo grado della provincia di Torino.\r\nL’iniziativa prevede l’assegnazione di due borse di studio, a un istituto scolastico «che abbia dato prova di buone pratiche a favore della lotta al razzismo e dell’integrazione» e a uno studente «che abbia compiuto azioni significative, sempre a favore della lotta al razzismo». La società bianconera ci ha abbinato una campagna di spot, con la faccia di Del Piero, Sissoko, Amauri e Giovinco: «Il calcio è patrimonio di una sola razza. Quella umana», è lo slogan. Pubblicità già appiccicata sul sito del club e sul mensile, «Hurrà Juventus», oltre alla distribuzione di volantini durante le partite interne, a partire da quella contro l’Udinese. Non è bastato.\r\nDovrebbe bastare, invece, oltre alla stessa connotazione dell’episodio di domenica sera, per evitare una sanzione più pesante, come le porte sprangate alla prossima uscita: e sarebbe contro l’Inter. Più di una cosa, si ragiona dentro casa Juve, sono andate diversamente rispetto all’aprile scorso. Lo speaker dello stadio, per esempio, ha subito preso le distanze dai cori, ribadendo la posizione del club, cosa che invece era avvenuta con colpevole ritardo sette mesi prima.\r\nAndrà pesata pure, anche se la distinzione è fra versi comunque da imbecilli, la differenza tra le offese urlate dagli spalti: indiscutibilmente razzisti, chiamando in causa il colore della pelle, quelli di aprile, al contrario dei cori di domenica sera. Premesso che, come ha ricordato pure Ciro Ferrara appena finita la partita, sarebbe bello azzerare qualsiasi insulto in qualsiasi stadio, l’ultima versione del jingle anti-Balotelli sarebbe andata benissimo, si fa per dire, contro qualsiasi avversario della curva.\r\nBersagli di razzismo li ha avuti (Boumsong al Bentegodi di Verona) e li ha pure la Juve, e mica solo in Momo Sissoko. Anche Fabio Cannavaro, insultato di brutto a Bergamo per l’essere napoletano. Idiozie senza confini, se uno spezzone della stessa curva bianconera, nella sfida con il Napoli, imbracciava le stesse offese. Ormai, come con Balotelli, è una consuetudine: a meno che il capitano azzurro, o il buon Ciro Ferrara, beniamini si suppone, non siano nati a Oslo.\r\n\r\nNOTA DI NUMERO 7\r\nMi viene da chiedermi chi è che ha salvato l’Olimpico di Roma fin qui, visto che i laziali intonano spesso un coro simile a quello di Balotelli, contro Lucarelli. “Se saltelli muore Lucarelli” è diverso da “Se saltelli muore Balotelli?”. Cos’è una sorta di razzismo capovolto?