La televisione che becca José Mourinho mentre, nel corso della finale di Coppa Italia, sbircia il televisore a bordo campo non era mai successo, almeno sui nostri «schermi». In ballo, c’era un gol di Milito annullato\r\nper fuorigioco (che c’era). Il funzionario della Lega ha spostato il monitor per impedire che l’evasione diventasse invasione, ignaro che il suo gesto avrebbe fatto il giro di tutti i salotti. Dalla videocrazia alla videoipocrisia, guardare a patto che si sappia ma non si veda.\r\nSe la moviola in campo non piace, non piace nemmeno che non possa esserci un Piccolo Fratello pronto a smascherare i delitti più gravi, come la testata di Zidane a Materazzi, o più caserecci, come il rigore pro Sampdoria trasformato da Rocchi in punizione pro Parma dopo una lunga e sospetta riflessione (auricolari collegati con chi?). L’importante è negare la televidenza per mascherare la tele-influenza. Blatter, presidente della Fifa, preferisce i maneggi di Henry, passati in giudicato (e, soprattutto, ingiudicati), alla banale e immediata certezza di una revisione tele-etica. E così, allargando il discorso, a ogni fine campionato scopriamo che l’ideale sarebbe la contemporaneità delle partite – senza la quale i tifosi laziali hanno potuto ordinare alla Lazio di perdere contro l’Inter – e fingiamo di esecrare i premi a vincere, interni o esterni: di Mezzaroma al suo Siena o, come ha buttato lì Mourinho, della Roma al Siena di Mezzaroma, purché il 16 maggio batta l’Inter e faccia un favore alla Roma. Sembra un gioco di parole, e invece è soltanto un gioco. Forse.\r\nL’ultimo calcio non cambia canale. Prova tv, e tv in prova: di nascosto, però, per non disturbare i manovratori. Ma la tv che guarda Mourinho mentre guarda la tv è il massimo dell’audience involontaria.\r\n\r\n(Di Roberto Beccantini per ‘La Stampa’)