Ma guarda un po’, ha vinto l’inter. Ancora un finale imprevedibile, per questo nuovo calcio dove finalmente ci si alterna e vincono un po’ tutte, senza l’egemonia di sole due squadre, arroganti e padrone di arbitri e mercato.\r\nA Roma, anche oggi, la città tace, come due anni fa. Applausi ai giocatori, commozione dei tifosi, “ji’artri tifosi nun ce possono capì”, come due anni fa. Un po’ di rabbia verso il Palazzo, la farsa di Lazio-Inter, i Damato e compagnia, anche se molto meno di due anni fa.\r\nGli juventini di tutta Italia imprecano, tranne forse quelli di Roma, che hanno preferito il male minore: perdere nel calcio, ma salvare una città.\r\nGli juventini, ah è vero, ci sono pure loro. Dimenticati da tanto tempo, neanche più derisi, ma ci sono anche loro. A combattere la loro battaglia, per dimostrare che questo ciclo leggendario di 5 (sì, i giornali dicono “5” davvero, non scherzo) scudetti nerazzurri prende origine da un’inchiesta preparata nei minimi particolari per condannare i più forti, e salvare i più deboli, quelli che spendevano il triplo degli altri ma non ci azzeccavano mai.\r\nCi siamo anche noi, che siamo stati dimenticati già da tanti anni, da molto prima di Calciopoli, se si pensa che Tosatti in una telefonata recentemente venuta a galla chiedeva a Moggi come fosse possibile che non ci fosse alcun organo di informazione vagamente ben disposto verso di loro, neanche i giornali di famiglia, forse i più duri, da tanti anni, contro la squadra gioiello di famiglia. Ma no, caro Tosatti. Peccato tu non ci possa sentire, sennò avresti scoperto che a nostro favore c’era la moviola di Baldas, che condizionava un po’ tutto il calcio, e forse anche il Paese.\r\nC’è la Juve, poi. Prima John Elkann, ora Andrea Agnelli, speriamo senza John Elkann a governare il tutto, considerata la passione dimostrata in questi anni, intensa quanto la difesa nei processi di quattro anni fa.\r\nAndrea Agnelli, dicevo. Lui che bramavamo, sognavamo. Lui che se arriva riporta Capello, Giraudo e così via. E invece no, arriva e porta Marotta, Paratici e Del Neri.\r\nE io sono contento, lo ammetto. Perchè per me Del Neri non è l’allenatore per vincere uno scudetto, è una scelta di ripiego. Perché volevo un nome molto più carismatico, per rifondare una Juve che sembra tanto l’Inter.\r\nEd era lo stesso che pensavo quando era arrivato Lippi, con quei nuovi dirigenti che non mi convincevano del tutto. E sono contento, perché per me la Juve non deve mai ascoltare i tifosi, e se ha voglia deve vendere Zidane, e se le gira deve prendere anche Stankovic, anche se a me non piace, non lo rimpiango affatto e sono felice che non sia mai arrivato.\r\nBenvenuti, allora. E ricordatevi che da oggi rappresentate la Juve, la squadra più gloriosa, che deve tornare in fretta la più forte.\r\nPenso alla mia Juve, con ritrovato orgoglio, e seguo distrattamente le feste nerazzurre, con il loro stile, rabbioso e acido anche nell’esultanza, come se in fondo, la sensazione che questo ciclo sia stato impostato a tavolino da un’inchiesta pilotata ad arte, ormai l’avessero anche loro.\r\nSpengo, accendo il computer e mi imbatto su Internet nel contenuto del memoriale di Facchetti, che urlava “Basta all’egemonia di Juve e Milan”, e leggo divertito l’albo d’oro.\r\n1999, Milan. 2000, Lazio. 2001, Roma. 2002, Juventus (che giorno, quel giorno). 2003, Juventus. 2004, Milan. 2005, Juventus. 2006, Juventus. E lasciate perdere che Nedved e Kakà, Capello e Ancelotti fossero un po’ meglio di Adriano e Mancini. Lì c’era una noiosa egemonia, lo dicevano tutti. Non possono vincere sempre le stesse, in 8 anni hanno vinto solo in quattro, e spesso le solite due.\r\nSfoglio nuovamente l’albo d’oro dal 2006 in poi, rileggo il memoriale che dovrebbe spiegare Calciopoli dal punto di vista di chi si sentiva vittima, e penso che sì, vale la pena continuare la nostra battaglia.\r\nE’ lunedì mattina. Leggo il sito del Corriere, un surreale articolo di Severgnini che afferma che chi perde non prova antipatia, ma invidia verso chi vince. Se lo dice lui, uno dei massimi esperti mondiali grazie alle esperienze da tifoso accumulate in mezzo secolo, c’è da fidarsi. Leggo La Russa, il Ministro ultrà, che si arrabbia perché il Siena si è impegnato, rischiando così di rovinare la festa della sua squadra. Lo rileggo, perché credo di avere letto male. E invece no, ho letto bene, è lui che è fatto male.\r\nSento un amico romanista, che mi dice che tanto lo sapeva, come sarebbe andata a finire. Che tanto va sempre a finire nello stesso modo. Gli dico che con Ranieri non poteva sperare di vincere, e allora torna a sfottermi, dicendo che non si fa prendere in giro dal settimo in classifica, e via alle battute su Ciro, Zac, Melo e Diego. Finalmente, lo sfottò che mi mancava. Siamo vivi, allora.\r\nAccendo un’ascoltatissima radio romanista e, tra un “noi semo la Roma e nun ce possono capì” e l’altro, ascolto Agroppi, ospite fisso in qualità di… antijuventino, credo, visto che non è mai stato romanista. Dice che in fondo a lui di Inter, Roma o Milan interessa poco, l’importante è che non vinca la Juve. La conduttrice sorride.\r\nE penso che sì, in fondo vi meritate questi anni di egemonia totale, dopo esservi lamentati per trent’anni contro chi a vostro parere vi impediva di vincere, ma invece qualche volta è stato fregato da voi nel finale, l’ultima volta proprio a casa sua, magari con un giapponese di troppo a prendere a pallate un olandese un po’ distratto.\r\nAi tempi dell’egemonia di due squadre, che a volte erano quattro, forse, vi divertivate un po’ di più.\r\n\r\nForza Juve3. I love Football.\r\n\r\nDi Massimo Zampini – autore del libro “Er gò de Turone”