Juventus, si torna a parlare di Mancini per la panchina
Ripudiato in venti minuti dall’Inter, una sera di maggio di due anni fa, Roberto Mancini potrebbe prendersi la più diabolica delle rivincite, pilotando alla vittoria la Juve, cioè la rivale più detestata dall’antico accampamento. Ora il Mancio presta servizio oltremanica, al Manchester City, ma il suo ingaggio in bianconero, da idea sta diventando progetto. L’operazione è complessa e appesa ad alcune condizioni, d’altronde come quella che porta a Rafa Benitez, altro indiziato. Però non un’idea impossibile, al di là delle dichiarazioni ufficiali, che di questi tempi, con contratti in essere, possono essere solo di smentita\r\n\r\n: «Sono onorato dell’interesse della Juve – puntualizzò il tecnico dieci giorni fa, quando sbucò l’interesse bianconero – ma non c’è nulla di vero». Detto che l’ex interista ha un accordo con gli inglesi fino al 2013, resta il fatto che la Juve l’affascina. L’avessero chiamato a dicembre, confidò un amico del tecnico, Roberto avrebbe detto sì. Potrebbe dirlo di nuovo, da qui a maggio.\r\nIl Mancio sta tentando di guidare il City a un non semplice posto per la prossima Champions, e come andrà a finire conterà parecchio. Come peserà pure l’attrazione per José Mourinho del proprietario del club, lo sceicco di Abu Dhabi, Mansour Bin Zayed Al Nabyan. A prescindere, resta comunque anche la clausola contrattuale che permette al club e al tecnico di uscire dall’accordo a ogni finale di stagione. E a Torino l’allenatore piace parecchio, perché conosce bene il calcio italiano, ci ha vinto, sa pescare i giocatori e gestirli. Avrebbe pure motivazioni non indifferenti e un’età che garantisce la giusta «fame» agonistica di trofei. Il passato interista, giustamente, pare essere già stato coperto da amnistia, da società e diretto interessato. «Sono considerato un nemico per gli anni trascorsi all’Inter – spiegò a dicembre Mancini – ma ci tengo a precisare alcune cose. Innanzitutto, io non ho mai parlato male della Juve, la polemica riguardava alcuni suoi tesserati. D’altronde anche quando ero all’Inter non ho mai fatto mistero di avere tifato, da bambino, per i bianconeri». Quando la panca di Ferrara aveva già cominciato a ondeggiare, lui non l’avrebbe rifiutata: «Sono un allenatore professionista e lavoro per le società che mi vogliono. Cercando di farlo al meglio». Com’era accaduto sotto il vessillo dell’Inter, da dove era stato fatto fuori dopo sette trofei, tra cui tre scudetti, mettendo in conto pure quello di Calciopoli, quello che nessun juventino mai concederà. Il presidente Moratti lo chiamò a rapporto, appena vinto il tricolore, e lo licenziò in una ventina di minuti: non si sono proprio lasciati con baci e abbracci, confidò poi un amico del tecnico, tanto per chiarire l’addio. E, va da sé, il gradimento per la Juve, ora.\r\nRibadito che la figura del manager molto british, come anche Benitez appunto, ha un discreto appeal dentro la società bianconera, sarà meglio ricordare che la scelta definitiva non è ancora stata fatta. Sarebbe opportuno definirla al più presto, solitamente, ma pure la qualificazione alla Champions o meno, qualcosina sposterà. Allora, dentro casa Juve, si discute. Di Mancini, di Benitez, in cima alla hit, e, da tempo, pure di Cesare Prandelli. Con il tecnico viola ci sono stati pure contatti: sondato dal vice direttore generale Roberto Bettega («La mia scelta l’ho fatta due mesi fa»…), per il quale è la prima opzione, il tecnico pare non convincere tutti. Senza contare che, tra addii e comunicati di rinnovato amore, la situazione dell’allenatore viola ieri s’è ulteriormente incartata. Più di quella del Mancio.\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it