Juventus Pirlo “Conte ci disse: due settimi posti, è ora di smetterla di fare schifo”
Gli esordi, il successo, l’addio al Milan e la rinascita alla Juventus: Andrea Pirlo si racconta nella sua biografia dal titolo ‘Penso, dunque gioco’ (in libreria il prossimo 30 aprile). Il regista della Juventus, tra le righe, ironizza su Adriano Galliani, ribattezzato per l’occasione ‘Signor Bic’, per la sua abitudine a regalare penne: “Una penna. Bella eh, ma pur sempre una penna – si legge in uno spezzone del libro pubblicato oggi dal la ‘Gazzetta dello Sport’ – . Di Cartier, luccicante, più pesante di una Bic, con lo stemma del Milan. Eppure una penna. Con un ripieno di inchiostro blu, banalmente blu. La guardavo, me la rigiravo tra le mani, ci giochicchiavo incuriosito, come fa un neonato con il suo primo peluche”.\r\n\r\n“Tentavo di studiarne il profilo da diverse angolazioni – racconta ancora Andrea Pirlo nella sua biografia – di coglierne il senso più profondo. Di Capire. Mi è venuto il mal di testa a forza di pensare, credo sia scesa anche qualche gocciolina di sudore, però alla fine l’illuminazione è arrivata. Mistero risolto: il lato B non esisteva, il suo inventore non l’aveva previsto. Volutamente? Chissà. ‘E mi raccomando, non usarla per firmare il nuovo contratto con la Juventus'”.\r\n\r\n“Almeno Adriano Galliani aveva azzeccato la battuta – evidenzia ancora il mediano della Juve – Come regalo d’addio mi sarei aspettato qualcosina di più di quel tempo comico perfetto”. Insomma, Prilo racconta l’amarezza dell’addio al club rossonero, avvenuto dopo 10 anni di onorata carriera: “Dieci anni di Milan andati così. Comunque, ho sorriso. Perché io so ridere, tanto e bene. ‘E grazie di tutto, Andrea’. (…) Mi stavano tirando giù dalla cornice, ma non a forza. La noia da Milan era il rischio che non volevo correre, ecco perché alla fine di quell’ultimo incontro ero dispiaciuto, ma il giusto. Come me, Galliani”.\r\n\r\nPoi l’incontro risolutore con la società, Allegri che vuole trasformarlo in mezzala: “Ci siamo lasciati senza rimorso. In mezz’ora, arrotondando per eccesso, ero fuori da lì – racconta Andrea nel suo libro -. Quando si ama serve tempo, quando il sentimento muore può aiutare una scusa. ‘Andrea, il nostro allenatore Allegri pensa che se resti non potrai più giocare davanti alla difesa. Per te avrebbe pensato a un altro ruolo: sempre a centrocampo, ma sulla parte sinistra’. Piccolo particolare: davanti alla difesa pensavo di poter dare ancora il meglio di me”.\r\n\r\n“Un pesce quando il mare è profondo respira, se lo spostano sotto il pelo dell’acqua si arrangia, ma non è la stessa cosa. ‘Anche con te in panchina o in tribuna abbiamo vinto lo scudetto. E poi, Andrea, da quest’anno la politica della società è cambiata. A chi ha più di trent’anni, proponiamo il rinnovo di contratto solo per dodici mesi'”, le decisioni del club rossonero spiattellate in faccia a Pirlo. È divorzio. Si fa sotto la Juventus: “Non mi è mai capitato di sentirmi vecchio, neppure in quel preciso momento. Solo a tratti ho avuto la sensazione che qualcuno volesse farmi passare per bollito, più che altro erano le premesse a lasciarmi perplesso. ‘Grazie, ma davvero non posso accettare. E poi la Juventus mi ha proposto un accordo triennale'”.\r\n\r\nTra le altre cose, poi, Pirlo narra nella sua biografia di quando si mise a parlare con Guardiola del suo possibile sbarco a Barcellona, sul terreno di gioco del Camp Nou, o di quando disse sì a Capello, allora al Real Madrid, ma il Milan lo blindò con 5 anni di contratto.\r\n\r\nIl primo impatto con la Juventus è targato Antonio Conte: “Immaginavo fosse bravo, ma non così tanto. Se Sacchi era un mago, lui che cos’è?”, si chiede Pirlo dopo aver lavorato i primi giorni agli ordini del tecnico bianconero. Che si presentò in ritiro così: “Aveva già il veleno addosso – dice Pirlo – una vipera. Le prime parole? Veniamo da due settimi posti, è ora di smetterla di fare schifo”. E poi i racconti degli intervalli, con Conte che fa saltare di tutto, scalciando bottigliette e borsoni anche quando si vince. “Tornassi indietro, solo una cosa non rifarei: scegliere il posto vicino a Buffon dentro il nostro spogliatoio allo Juventus Stadium, esattamente davanti alla porta d’ingresso. È il punto più pericoloso di tutta Torino, soprattutto tra il primo e il secondo tempo delle partite. Nell’intervallo Conte entra e, anche quando stiamo vincendo, lancia contro il muro – e quindi contro il mio angolino – tutto quello che trova, quasi sempre delle bottigliette di plastica, piene d’acqua. Frizzante. Molto frizzante. Diventa una bestia. Non si accontenta mai, c’è sempre un dettaglio che non gli va a genio, vede in anticipo ciò che può succedere nei successivi quarantacinque minuti. Una volta, ad esempio, perdevamo contro il Milan e non riusciva a farsene una ragione: “Contro quelli! Non capisco come non riusciamo a vincere contro quelli! E giocano pure male”.