Non s’è aperta la crisi di governo juventino, il dibattito sì, però. All’ordine del giorno c’è pure un rimpasto di assetto, dal 4-2-3-1 varato come rimedio a infortuni e primi scivoloni alla restaurazione del rombo di centrocampo, nel 4-3-1-2 che prestò giuramento in estate. Ciro Ferrara e i giocatori si sono confrontati ieri mattina negli spogliatoi sulle cose che non vanno, e su come possono essere aggiustate, e il tecnico ha detto chiaro che pretende personalità e diverso atteggiamento. Da molti. Compresi, o soprattutto, quelli acquistati per cambiare faccia alla squadra. Così, non va bene, e non si filerà molto avanti.\r\nQualche emendamento l’hanno chiesto pure i giocatori, cioè chi è chiamato a eseguire i piani, già nella notte di Bordeaux: e non c’è bisogno di sparate o parole d’ammutinamento. Bastano semplici e ammissibili considerazioni, tra giocatori esperti e un tecnico che giocatore, esperto e vincente, è stato per anni. «Quando giochi all’estero, in Champions – aveva spiegato Gigi Buffon – serve una buona organizzazione». Che in Francia non c’è stata. Brutale, per sincerità, Momo Sissoko: «Tatticamente e fisicamente il Bordeaux ci è stato superiore». Poco prima, Ferrara s’era lamentato per l’assenza di personalità, in alcuni, anche con il pallone tra i piedi.\r\nOsservazione che, avendo visto la partita, ben vestiva Felipe Melo, ma alla quale il collega maliano ha risposto: «Prima di tenere la palla dobbiamo recuperarla». Il che, l’altra sera, è stato spesso molto complicato. Magari conta il dislocamento delle truppe: «Ma io mi adatto al modulo, non è un problema. Chiaro che davanti abbiamo giocatori di qualità che possono fare la differenza, mentre io e Felipe dobbiamo difendere». Della personalità necessaria ha un’idea precisa pure il buon Diego: «Penso che quando uno di noi ha la palla bisogna dare al compagno due o tre opzioni di gioco». Cioè, muoversi, smarcarsi. Ieri trovate alcune parole «distorte nel senso» su qualche giornale, il brasiliano s’è pure messo tra i colpevoli: «Mi assumo le mie responsabilità, perché se la squadra non è andata bene significa che anch’io ho sbagliato». Ha precisato, insomma, di non aver scaricato le colpe su Ciro: «Io sono un giocatore e sono qui per lavorare, lui è l’allenatore».\r\nMica è abolito il libero pensiero, però: «Giocare da soli è dura – aveva detto Amauri – mi trovo meglio con un altro attaccante». Almeno non è rotto pure lui, come si temeva dai dolori alla sciatica di mercoledì notte. Al contrario di Iaquinta, che ha ormai posticipato il rientro al 2010, dopo l’intervento al menisco. Bisognerà aspettare allora la crescita istantanea di Alex Del Piero: «La mia prova è stata in perfetta linea con quella della squadra, e sono felice di aver giocato 60-70 minuti dopo tre mesi. Ringrazio l’allenatore». Che nella ripresa l’ha ripiazzato da seconda punta, e lui ha sfornato l’assist. Un caso? «Non lo so se è un caso». Il rimpasto s’avvicina.\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it