Se non è stato Ferrara, l’estate scorsa, ad andare in sede puntando una pistola alla tempia ai dirigenti per farsi assumere, ma la decisione di ingaggiarlo è stata invece una libera scelta di John Elkann, Blanc e Cobolli Gigli, che dopo aver valutato tutte le opzioni – da Conte a Giampaolo, da Vialli a Spalletti – hanno ritenuto che quella di Ferrara fosse fra tutte la più convincente; se questo è lo scenario che ha permesso a Ferrara, a dispetto delle sue inesistenti esperienze di panchina, di diventare il terzo allenatore juventino del dopo-Calciopoli (il quarto contando anche Corradini, sostituto di Deschamps prima dell’avvento di Ranieri), va detto che le colpe della disastrosa situazione in cui la Juve versa, a meno 8 dall’Inter dopo 14 giornate di campionato e con lo strazio di Bordeaux come ultimo ricordo di coppa, le colpe, dicevamo, non sono certo di Ferrara, ma dei dirigenti. E su tutti del neo presidente, amministratore delegato e direttore generale Jean Claude Blanc.\r\nSe il nuovo management della Juve decide che la stagione del grande rilancio, quella del guanto di sfida da lanciare all’Inter con i 50 milioni spesi in sede di campagna acquisti, può essere messa nelle mani di un’eccellente persona come Ferrara, grande ex del passato ma un’incognita assoluta come allenatore, è chiaro che di questa scelta i dirigenti si assumono tutti i rischi. Il Milan azzardò molto, 20 anni fa, assumendo Sacchi – giovane allenatore del Parma – e mettendolo sulla panchina di Liedholm, né più né meno di quanto azzardò il Barcellona, due estati fa, chiamando Guardiola – giovane allenatore del Barcellona B – a sostituire Rijkaard. Sacchi passò due mesi difficili prima che il Milan esplodesse; Guardiola ebbe meno problemi. Comunque sia, Milan e Barcellona avevano consapevolmente deciso di rischiare e la stessa cosa, l’estate scorsa, ha fatto la Juventus. Con una differenza: che mentre Sacchi vantava come biglietto da visita una discreta gavetta in provincia (Cesena, Rimini, Fiorentina giovanili, Parma), e Guardiola una più breve a livello di squadra B, Ferrara era un’incognita assoluta. Lo avevamo visto come vice di Lippi nei 30 giorni del mondiale di Germania e nel finale del campionato scorso aveva preso il posto di Ranieri nelle due ultime partite, Siena-Juventus e Juventus-Lazio, coefficiente di difficoltà nullo.\r\nLa domanda è: se la Juve di Ferrara, dopo 14 partite di campionato e 5 di coppa, è un’accozzaglia di giocatori che non sa a che santo votarsi, e ogni partita è peggio, e se il dilettantismo dell’allenatore appare oggi in tutta la sua evidenza visto che un Allegri, uno Zenga o un Papadopulo bastano e avanzano per mangiarselo (e non parliamo di un Blanc o di un Van Gaal in Europa), qual è il dilettantismo più colpevole: quello di Ciro, che si è limitato a prendere al volo l’occasione che gli veniva offerta, o quello dei dirigenti che in tutta libertà e convinzione hanno scelto di affidare il bolide bianconero a Ferrara invece che ad altri, più collaudati piloti? Magari nella convinzione che un collegamento in auricolare con Viareggio avrebbe risolto i piccoli problemi eventualmente emersi?\r\n\r\nCredits: Paolo Ziliani\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it