Juve, senti Sarri: “Non conta solo vincere, va bene anche arrivare secondi”

In attesa che il Chelsea lo svincoli, Maurizio Sarri ha rilasciato una lunga intervista a Vanity Fair: il tecnico è pronto a tornare in Italia

Maurizio Sarri, secondo i giornali il candidato numero uno alla panchina della Juventus, ha rilasciato una lunga intervista pubblicata da Vanity Fair. Non mancano gli spunti interessanti, a partire dalla conferma che l’Italia gli manchi e non poco. “Per noi italiani il richiamo di casa è forte. Senti che manca qualcosa. È stato un anno pesante – ammette al termine della stagione vissuta a Londra – . Comincio a sentire il peso degli amici lontani, dei genitori anziani che vedo di rado. Ma alla mia età faccio solo scelte professionali. Non potrò allenare 20 anni. È l’anagrafe a dirlo. (…) È roba faticosa, la panchina. Quando torno a casa in Toscana mi sento un estraneo. Negli ultimi anni ci avrò dormito trenta notti”.

Sarri: “Secondo posto? Bisogna essere contenti”

In attesa che il Chelsea lo svincoli, Sarri fa un’apertura allo “stile Juve”: “Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare – rivela – . A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente”. Poi, però, si lascia andare ad una dichiarazione che difficilmente si può coniugare con il club bianconero, laddove “vincere è l’unica cosa che conta: “Si tratta di concetto di vittoria a ogni costo. Un’estremizzazione che annebbia le menti dei tifosi e di alcuni dirigenti, cosa che mi preoccupa di più. È sport – insiste – , non ha senso. Non si può essere scontenti di un secondo posto”.

Eh no, alla Juve non si è contenti quando si arriva secondi, perché da quelle parti i secondi sono i primi degli ultimi. Forse a Napoli può andare bene non vincere nulla… A proposito della sua precedente esperienza, Sarri infine ricorda: “I napoletani conoscono l’amore che provo per loro, ho scelto l’estero l’anno scorso per non andare in una squadra italiana. La professione può portare ad altri percorsi, non cambierà il rapporto. Fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei. Che vuol dire essere fedele? E se un giorno la società ti manda via? Che fai: resti fedele a una moglie da cui hai divorziato? L’ultima bandiera – conclude – è stata Totti, in futuro ne avremo zero“.