Negli ultimi trent’anni, soltanto in rare occasioni gli interventi sul mercato di riparazione hanno prodotto effetti benefici su una squadra. Forse anche per questo motivo quello di gennaio è da sempre poco considerato in casa Juventus. Eppure, la storia insegna che in una di quelle poche volte in cui esso ha influito sulle sorti di un club e di un torneo, fu proprio la società bianconera a beneficiarne. Era il girone d’andata della stagione 1997-1998 e la squadra allora allenata da Marcello Lippi faceva fatica. Fu allora che Luciano Moggi regalò al suo tecnico Edgar Davids, che da “mela marcia” al Milan si trasformò presto in un autentico trascinatore del centrocampo juventino, contribuendo in maniera decisiva alla vittoria finale del campionato e della supercoppa italiana.
Sarebbe ora di ripetere quell’evento, a maggior ragione perché mai come quest’anno occorrerebbe intervenire con decisione per completare un organico lasciato a metà a giugno, e non gettare al vento una stagione che altrimenti potrebbe complicarsi maledettamente, creando non pochi scossoni poi in estate, soprattutto se non si dovesse centrare l’obiettivo minimo, ovverosia un posto in Champions. Rimediare oggi, insomma, per evitare guai grossi in appresso. Ma per fare tutto ciò occorre finalmente avere le idee chiare e seguire una vera progettazione. Perché personalmente, nei mercati della Juventus degli ultimi anni mi è sembrato di vedere una certa improvvisazione. Un vero peccato, perché di fatto la società non è riuscita a capitalizzare al meglio un vantaggio, enorme, che si aveva creato con le rivali italiane.
La crisi economica conseguente alla pandemia in corso impone scelte coraggiose, investimenti mirati e errori zero sul mercato. Quindi programmazione totale, sia nello scegliere i nomi da cedere che quelli da comprare, decisionismo nel muoversi sugli obiettivi prefissati senza quei tentennamenti che poi finiscono per far saltare le trattative o l’inserimento di altri club, e in generale idee chiare, da qui a giugno. Perché un conto è avere difficoltà a proseguire una striscia vincente a causa del cambio generazionale, un altro è averle a causa di una progettazione errata, mettendosi da soli in certe condizioni.
Sul mercato la Juventus è chiamata da tempo a risolvere tre questioni emerse prepotentemente nel corso della scorsa stagione e all’inizio dell’attuale, per fornire al tecnico abbastanza risorse per ovviare alle tante sfide di una stagione lunghissima e piena di impegni. In primis, una prima punta di scorta, un Padovano, un Altafini pronto a subentrare quando serve e magari a far gol. Giroud a certe condizioni sarebbe il profilo perfetto. Poi un vice Alex Sandro, e in tal senso andrebbe bene anche il rientro di Luca Pellegrini. Infine un centrocampista top che faccia la differenza, subito, per carisma e potenza. Difficile, ma non impossibile, che calciatori di un certo livello si muovano a metà stagione: tentare però per un Pogba o un giovane come Gravenberch che però ha già un’ottima esperienza internazionale e qualità adatte per la mediana juventina, non nuocerebbe. La Juve è in ottimi rapporti con Raiola, perché non sfruttarli per questi campioni? Mistero. Di certo, meglio fare uno sforzo economico oggi, a costo di qualche debito, che trovarsi a giugno fuori dal giro Champions, senza appeal per i campioni e con la necessità di dover vendere i migliori come De Ligt o Ronaldo per far quadrare i conti. L’importante è non seguire la logica del “comprare per comprare”, evitando errori clamorosi come potrebbe essere l’ingaggio strapagato di altri Chiesa. Non perché l’ex fiorentino sia scarso, ma perché per costi, ruolo e caratteristiche non serviva a questa squadra.
Il tempo stringe, e il rischio fallimento è dietro l’angolo in un torneo equilibrato e anomalo come l’attuale Serie A, dove niente è dato per scontato. Con la consapevolezza di chi sa che i conti vanno tenuti certamente in regola, ma che una squadra di calcio non può essere trattata come un’azienda normale, non può vivere di ragionieri e fatture, ma ha bisogno pure di sentimento e passione. Quella che solo il campo sa dare, con le giocate dei fuoriclasse. Gli stessi che esaltavano l’Avvocato o il Dottore, e che i tifosi bianconeri meritano di tornare a vedere con più frequenza con la casacca che fu dei compianti Sivori e Scirea, dei Platini, dei Del Piero, degli Zidane, dei Pirlo e recentemente dei Cristiano Ronaldo.