Chi fremeva dal desiderio di celebrare l’estrema unzione (in tempi odierni chiamata unzione degli infermi) della Juventus, soprattutto alcuni sedicenti addetti ai lavori, è rimasto con il cerino in mano, perché la Juve batte il Napoli 2-0 al Mapei Stadium di Reggio Emilia e porta a casa la nona Supercoppa Italiana della sua storia. Sì, la Signora, essendo vecchia, è acciaccata, ma non muore letteralmente mai (!), nemmeno dopo la batosta di San Siro contro l’Inter. Nelle battute iniziali del match, le due squadre tendono a studiarsi tatticamente per un quarto d’ora abbondante, ma la prima vera occasione da gol (dopo mezz’ora circa) è di marca napoletana con Lozano, al quale Szczęsny risponde prontamente con un ottimo intervento. Per Madama, invece, un paio di tiri dalla distanza firmati Ronaldo e nulla più di davvero significativo. Dunque, cala così il sipario sulla prima frazione, in cui la Juve prova ad alternare le trame offensive sfruttando sia l’ampiezza che cercando l’attacco alla profondità tramite le verticalizzazioni, mentre in fase di non possesso esercita un buon pressing. I partenopei, di contro, si arroccano in 35 metri con dieci uomini dietro la linea della palla per poi provare a far male organizzando le transizioni positive.
Al rientro sul rettangolo verde, la Vecchia Signora sembra più spigliata, determinata e vogliosa di sbloccare lo 0-0. Ospina salva sulla linea su Bernardeschi (entrato fra primo e secondo tempo per un acciaccato Chiesa), mentre Cristiano Ronaldo la mette in fondo al sacco al 64’ sugli sviluppi di un corner. Da quel momento in poi, i ragazzi di Pirlo crescono in consapevolezza e in qualità, conquistando la supremazia territoriale per lunghissimi tratti di gara. Però, ovviamente, Gattuso e i suoi non stanno a guardare, tanto da guadagnarsi un calcio di rigore per un fallo di McKennie (accordato dall’arbitro Valeri tramite il VAR) su Mertens (subentrato al posto di Petagna). Dagli undici metri ci va Insigne, che calcia malissimo spedendo alla destra del portierone polacco. Nonostante ciò, gli Azzurri non si arrendono e sfiorano il gol. Poi, all’ultimo respiro, Morata (al 95’) chiude i conti in contropiede (lo spagnolo al posto di Kulusevski nel secondo tempo).
In tutta onestà, la Juventus non incanta, non esalta più di tanto, pur mantenendo il dominio del gioco per almeno un’ora abbondante, bensì si mostra piuttosto solida, concentrata, applicata, pragmatica e decisa, riuscendo così a conquistare meritatamente la Supercoppa Italiana. Da menzionare, su tutti, il colombiano Cuadrado, autore di una prestazione strepitosa, perché il suo rientro, in particolar modo in questo preciso momento dell’annata, è linfa vitale, manna dal cielo, ossigeno puro per Chiellini e compagni. Lui, oggi, è davvero l’uomo in grado di fare la differenza. La vittoria della supercoppa può rappresentare un’iniezione di fiducia per il prosieguo della stagione, un farmaco naturale per il morale. Mentre per il tanto vituperato Andrea Pirlo è il primo trofeo in assoluto da allenatore. Già, il maestro potrà tornare a Torino vantando un titolo vinto dopo appena cinque mesi di carriera da tecnico. Non male per un mister che prima di allenare la Juventus non aveva mai guidato neppure la Nazionale Italiana Cantanti. L’augurio più caloroso è che questo sia solo l’inizio di una lunga serie di vittorie per Pirlo da allenatore della Signora. Se il buongiorno si vede dal mattino…