Intercettazioni illegali: Telecom e Pirelli patteggiano
Centomila euro di profitto del reato, 400.000 di sanzione pecuniaria, 750.000 a titolo di risarcimento del danno a tre ministeri, più i circa 3.000 euro di offerta-standard ai dipendenti schedati al momento dell’assunzione (circa 4,8 milioni): su questa base, complessivamente intorno ai 7 milioni e mezzo di euro, sia Telecom sia Pirelli hanno ottenuto dalla Procura di Milano il consenso all’accordo che, depositato sabato mattina negli uffici deserti per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, farà uscire le due aziende dall’udienza preliminare sul dossieraggio illecito praticato dalla divisione Security negli anni in cui la guidava Giuliano Tavaroli, tra i primi a chiedere già mesi fa di patteggiare 4 anni e mezzo.\r\nIn questo modo, sebbene entrambe le imprese quotate in Borsa non intendano ammettere alcuna responsabilità ma si rappresentino come danneggiate dal comportamento di Tavaroli e degli altri manager della sicurezza aziendale che avrebbero reso vani i modelli organizzativi interni anti illeciti, Telecom e Pirelli chiedono di patteggiare l’accusa di corruzione per la quale i pm Napoleone- Civardi-Piacente ne avevano chiesto nel 2008 il rinvio a giudizio in forza della legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati commessi dai propri dipendenti nell’interesse aziendale.\r\nIl dossieraggio illegale con casi anche di intercettazioni non telefoniche ma telematiche, pagato dal 1997 al 2005 con 34 milioni di euro aziendali (11 dei quali sequestrati all’investigatore privato Emanuele Cipriani), si alimentava infatti di molti canali: le risorse societarie utilizzate dalla struttura di Tavaroli per il mercimonio di tabulati telefonici o l’intercettazione di posta elettronica; l’agenzia di investigazione privata di Cipriani; il flusso informativo veicolato da detective privati come Giampaolo Spinelli (ex Cia) eMarco Bernardini (ex Sisde); la pirateria informatica del Tiger Team di Fabio Ghioni in Telecom; le notizie carpite dagli archivi dei servizi segreti grazie ai contatti con 007 (Marco Mancini) e «fonti» italiane (Rossi e Vairello) e francesi (Guatteri); i «profili» stilati dall’ex giornalista di Famiglia cristiana, Guglielmo Sasinini. Ma anche, ed è questa l’origine dell’imputazione di corruzione mossa alle aziende in base alla legge 231, le tangenti pagate a poliziotti-carabinieri- finanzieri per gli accessi abusivi alle banche dati del ministero dell’Interno, della Giustizia e delle Finanze.\r\nPer riparare le conseguenze del reato, l’articolo 17 della legge 231 chiede che la società indagata risarcisca integralmente il danno, vanti un modello organizzativo che sia riconosciuto come adeguato a prevenire i reati dei dipendenti, si faccia confiscare il profitto conseguito. È quello che Telecom e Pirelli hanno preferito fare, rinunciando a giocare nel futuro la lotteria delle tante variabili che pezzo dopo pezzo stanno smantellando l’udienza preliminare: la prescrizione che corre e che ha già cancellato i reati fino al 2003; la legge 2007 di distruzione dei dossier illegali, che dopo la sentenza della Corte costituzionale dell’aprile 2009 rende di scarsissima utilizzabilità gran parte del dvd sequestrato a Cipriani con migliaia di dossier; la recente apposizione del segreto di Stato da parte del premier Silvio Berlusconi sulle circostanze richiamate dall’indagato ex numero tre del Sismi, Marco Mancini; e la possibile approvazione della legge sul «processo breve» anche per le aziende, che estinguerebbe un procedimento la cui richiesta di giudizio non è lontana dai 2 anni.\r\nCosì Telecom e Pirelli hanno ciascuna affrontato 400.000 euro come sanzione pecuniaria misurata dalla legge in un numero variabile di quote societarie, versato 100.000 euro come confisca del profitto delle corruzioni; e con 750.000 euro l’una hanno risarcito i tre ministeri tutelati dall’Avvocatura dello Stato, cifra 10 giorni fa rifiutata ma ora accettata dalla presidenza del Consiglio come indennizzo del danno sia diretto sia da responsabilità per fatto illecito dei dipendenti. In più, nel pacchetto vanno conteggiati i 2 milioni che Telecom e i 2,8 milioni che Pirelli avevano già offerto ai propri lavoratori come risarcimento (3.000 euro a dipendente) per le schedature di massa operate dalla Security al momento dell’assunzione e per asserite finalità antiterrorismo. Come effetto collaterale della definizione della procedura sulla corruzione ai fini della legge 231, alle vittime del dossieraggio non resterà che provare a intentare alle società per le quali lavorava Tavaroli una causa civile a parte. Telecom e Pirelli restano invece nell’udienza preliminare solo come parti civili costituite contro Tavaroli e Cipriani per l’ipotesi che costoro si siano indebitamente appropriati di soldi delle società, e come responsabili civili rispetto ad altri reati contestati agli indagati.\r\n\r\n(Di Luigi Ferrarella per Corriere.it)