Inghilterra-Italia 4-0. Parola di Carletto

carlo ancelotti chelseaLe quattro ragioni della superiorità del football inglese sul nostro, dice il coach parmense, sono: la responsabilità, la pressione, gli stadi e gli arbitri. Ragione numero uno. “Qui l’allenatore è coinvolto in modo più ampio”, afferma Ancelotti nell’intervista al Daily Mail. “In Italia, sei responsabile solo per le questioni tecniche, arrivi al campo un’ora prima dell’allenamento, te ne vai un’ora dopo ed è finita. Al Chelsea sono in sede dalle nove del mattino alle cinque o alle sei del pomeriggio, guardo le squadre giovanili, controllo l’accademia, studio l’inglese, parlo con gente del club, conduco il nostro allenamento. E’ un lavoro vero, a tempo pieno e lo preferisco così.”\r\n

\r\nRagione numero due. “Qui c’è meno pressione. In Italia sei costantemente sotto esame da parte dei giornali e delle tivù, dei fans, della società. Finisce che il football diventa la tua intera vita, non si fa altro che parlare dell’ultima partita e della prossima. In Inghilterra l’atmosfera è più rilassata, c’è la mentalità giusta, si va allo stadio per guardare la partita e poi basta”. Ragione numero tre, a proposito di stadio. “Gli impianti sono migliori. Gli stadi italiani sono vecchi, con barriere, un sacco di polizia. Qui c’è più rispetto per il coach e i giocatori. L’Italia deve migliorare”.\r\n\r\nAncora più importante, agli effetti del gioco, è la ragione numero quattro. “Da noi deve migliorare anche l’arbitraggio. L’anno scorso, chiesi a Pierluigi Collina, il capo degli arbitri italiani, come mai negli altri paesi gli arbitri fischiano di meno. In Inghilterra lasciano che il gioco scorra, in Italia è costantemente interrotto per ogni piccolo contrasto. Ogni contatto risulta in un calcio di punizione. In una partita media in Italia vengono chiamati all’incirca 50 falli. Qui solo una trentina. Ed è meglio così”.\r\n\r\nSu una possibile quinta ragione, cioè che in Inghilterra i club spendono di più e hanno giocatori migliori, e che i coach predicano un calcio più offensivo, Ancelotti non dice nulla. Ma elogia con fervore il suo attaccante Didier Drogba, defindolo “un trascinatore dello stampo di Gattuso” e paragonandolo per abilità tecnica e potenza Marco van Basten, del quale racconta un aneddoto: “Quando giocavo con lui nel Milan, gli domandai come voleva che gli passassi la palla. Mi rispose, ‘passala e poi comincia a corrermi incontro per congratularmi’, intendendo che bastava dargli la palla e lui avrebbe fatto gol, e il più delle volte era proprio vero. Anche Drogba può essere così”.\r\n\r\nE parlando del suo passato, del padre contadino, del dialetto emiliano, dei suoi valori personali, Ancelotti dice che la sua educazione cattolica gli è rimasta dentro, anche se non è molto praticante. “Credo in Dio e prego, ma solo per questioni personali, non per il calcio. Dio ha cose più importanti di cui occuparsi”.\r\n(Repubblica.it)