Inutile girarci troppo attorno: uno dei difetti più grandi della Juventus, da molti anni ormai, è quello di non volere (o sapere) guardare oltre il proprio cortile quando si tratta di fare mercato, soprattutto a livello di giovani talenti. Non è chiaro se il problema sia dovuto a uno staff di osservatori inadeguato, o a chi è chiamato a decidere sugli acquisti che non riesce a cogliere nei ragazzi segnalati il potenziale campione. Ma per una società che mira ad autofinanziarsi e quindi a fare attenzione al bilancio, è una grave pecca, visto che sarebbe vitale sapere individuare e prendere i talenti prima che questi esplodano e costino parecchio.
Da questo punto di vista fa specie che i bianconeri si lascino sfuggire uno dei più grandi dirigenti e osservatori al mondo, ovverosia quel Luis Campos che qualche giornale aveva accostato proprio ai bianconeri per il ruolo di direttore sportivo, ma che purtroppo non sembra rientrare nei piani di un club che preferisce ancora una volta affidarsi “agli amici”, anche se inesperti nel ruolo.
Allo stesso modo lascia perplessi il non voler sfruttare a dovere gli ottimi rapporti con la coppia di migliori procuratori al mondo, ovverosia Mino Raiola e George Mendes, per rafforzare la squadra, considerando che i due gestiscono gente come Ruben Neves o Ryan Gravenberch, giusto per fare due nomi.
Di fatto, da anni il mercato della Juventus ruota sempre attorno agli stessi uomini, come se oltre ai vari Locatelli, Gosens, Emerson Palmeri, e prima di loro Chiesa, Bernardeschi o De Sciglio non esistesse nulla. Come se il mondo si fermasse lì, a quei quattro o cinque calciatori che piacciono al DS del momento e ai suoi eredi.
Il mancato ingaggio di Georginio Wijnaldum, quando ancora era possibile bloccarlo tra febbraio e aprile, grida ancora vendetta. Un campione di quel livello, con delle caratteristiche di quelle che piacciono tra l’altro a Max Allegri, posizionato davanti alla difesa della Juventus sarebbe servito come il pane e risolto per almeno quattro anni una delle lacune più evidenti che la squadra si porta appresso da almeno un biennio. Il suo arrivo, gratis, sarebbe stato utile anche dal punto di vista economico, perché avrebbe consentito alla società di concentrare lo sforzo in danaro sull’altro obiettivo necessario per far compiere il giusto salto di qualità a una mediana che da quando ha perso Pirlo, Vidal e Pogba è decisamente povera di talento, dinamismo e fisicità. Il ritorno proprio del Polpo sarebbe in tal senso una manna dal cielo. Ma dopo anni di voci, accadrà mai? La sensazione è che le voci su un possibile ritorno di Miralem Pjanić siano vere (alla faccia del ringiovanimento e del rinnovamento) e che alla fine possa essere lui uno dei due rinforzi a centrocampo. Ma avrebbe senso puntare ancora sull’abulico e lento bosniaco laddove servirebbero tecnica, corsa e dinamismo?
Di fatto a oggi la Juve sembra orientata a puntare decisamente su lui e Manuel Locatelli, rischiando però anche qui di ripetere un altro madornale errore di programmazione (semmai ne esista davvero una). Locatelli è un buon giocatore, nessuno lo mette in dubbio. Ma, appunto, è solo “buono. Un calciatore “normale” che non consentirebbe di certo di fare il salto di qualità a centrocampo. Senza dimenticare che il ragazzo, visto anche il flop al Milan, è tutto da verificare a certi livelli. Insomma, un conto è giocare nel Sassuolo, un altro nella Juventus. Tra l’altro, a dispetto di una prestazione decente i Nazionale contro la modesta Svizzera, non può valere oltre 40 milioni di euro (non importa se pagabili con o senza contropartite tecniche). C’è poi la questione tecnica: Locatelli non è un centrale di ruolo, per cui prendendolo si commetterebbe lo stesso errore fatto con Arthur, schierato sempre fuori posizione. Il brasiliano in carriera ha sempre giocato centrale, ma in una mediana a due, oppure come interno destro o sinistro nel centrocampo a tre del Barcellona, con Sergio Busquets davanti alla difesa.
Ecco, a mio parere qui viene fuori un altro difetto della Juventus: una sorta di confusione che talvolta sembra appannare il giudizio della dirigenza nella scelta di un calciatore per un determinato ruolo. Anche Robin Gosens, altro presunto obiettivo della Vecchia Signora nel caso arrivasse un’offerta per Alex Sandro, per esempio, non sembra adatto alle esigenze di Massimiliano Allegri. Gosens non è un terzino propriamente adatto a una difesa a quattro, inoltre al prezzo richiesto dall’Atalanta per cederlo (40 milioni di euro), in Europa si può trovare qualcuno uguale o migliore. Per esempio, per l’ottimo Nicolás Tagliafico l’Ajax chiede 20 milioni di euro, per Marcos Alonso (se si cerca uno con esperienza) il Chelsea ne vuole 12 di milioni, mentre i vari Raphaël Guerreiro del Borussia Dortmund o Nuno Mendes (18 anni, Sporting Lisbona), costano qualcosa in più degli altri, ma di certo le cifre sono al massimo uguali a quelle del tedesco. Non che sul fronte attacco vada meglio: se Allegri chiede una punta di peso, capace però oltre che far gol anche di dialogare coi compagni, perché fossilizzarsi sul costoso e lunatico Icardi o sul vecchio Dzeko, e schifare uno come Wout Weghorst (28 anni, Wolfsburg), un guerriero di 1,97 che abbina fisico e grinta a un buon fiuto del gol e a una buona tecnica? Perfino il prezzo è invitante (intorno ai 30-40 milioni di euro, a meno che non si faccia notare a EURO 2020).