Gli attivisti hanno vinto e non festeggiano. Gli integralisti della Kop, la storica curva del
Liverpool, sono storditi come il resto della città perché i Reds non hanno più un padrone, solo debiti e banche che hanno preso in mano la gestione del club. Le 4500 anime che da mesi protestano, marciano, scrivono striscioni e lettere ai giornali firmate «Spirit of Shankly» hanno cacciato lo straniero e dicono di esserne fieri solo che il futuro ancora non si vede.
Tom Hicks e
George Gillet, gli americani che nel 2007 si sono presentati ad Anfield con molti soldi e zero progetti, lasciano. Si sono dati sei mesi di tempo per il passaggio di consegne e restano solo formalità da sbrigare perché questa settimana Martin Broughton, già amministratore della British Airways, diventerà il gestore del Liverpool, il battitore d’asta di una società che ha 230 milioni di debiti, storia da vendere e un organico da risistemare. Al momento garantisce la Barclay, banca del Regno Unito che sponsorizza la Premier League e che cerca di controllare parte del suo investimento. Molti club inglesi sono instabili, il Portsmouth, già retrocesso, è fallito in febbraio, il Manchester United deve risanare un bilancio fuori controllo, l’Arsenal rischia una scalata che metterebbe la squadra a rischio e la Barclay non può stare a guardare mentre il campionato inglese implode. Non ci mette i soldi, ma il nome, in modo che il Liverpool possa essere considerato sano e attirare compratori. Le altre banche, i creditori, cioè la Royal Bank of Scotland e la Wachovia, hanno promesso di aspettare. Certi della partenza degli americani pasticcioni, hanno smesso di battere cassa. Solo che non si è ancora capito se la terra di nessuno in cui è finito il Liverpool sia un nuovo inizio o l’anticamera della paura.\r\nI tifosi premevano per l’azionariato popolare, quello che i Labour hanno inserito nella campagna elettorale (in Inghilterra si vota il 6 maggio), quello che Massimo Moratti ieri ha definito come «una delle possibili idee per il futuro delle società», quello che per tanti è la soluzione di ogni male, di ogni spesa folle e che per il Liverpool non è un’opzione possibile. Non a breve. Le banche hanno chiarito che non è per questo scenario che tengono in piedi la baracca. Il pubblico reds sa aspettare, gli basta aver vinto questo round, via i cattivi, fuori gli yankees, gli uomini odiati dal venerato Rafael Benitez e pazienza se ancora non si sa chi li rimpiazzerà. Certo i tifosi faticano a mandare giù il nome del nuovo capo, mr Broughton, stimato nel giro dell’alta finanza e anche acceso tifoso del Chelsea, sempre presente a Stamford Bridge, non esattamente la persona a cui pensavano di affidarsi.\r\nIn più i fedeli sono pronti all’addio a Benitez, rassegnati perché chiunque riscatti il club dovrà affrontare un anno senza Champions. Il Liverpool è sesto lontano dal quarto posto occupato dal Manchester City di Mancini e ieri Rafa ha firmato la resa: «Ormai la zona Champions è fuori portata. Non siamo più padroni del nostro destino, al massimo possiamo sperare nel crollo altrui. Io continuerò a spronare la squadra perché è giusto farlo soprattutto in queste settimane dure». Un po’ come annunciare che non c’è modo di lavorare sulla prossima stagione e che dopo sei anni ad Anfield si ritiene libero. La Juve può farsi sotto, lui non ha più legami se mai debiti d’onore con i giocatori che ha voluto di più come Fernando Torres, ora infortunato a un ginocchio, inseparabile secondo la cerchia di Benitez. Gli amici sospettano che l’allenatore preferirebbe tornare in Spagna e trasferirsi al Real Madrid, ma è solo una delle possibilità, sa bene anche lui che quella panchina è un incastro complicato, che in cima ai desideri dei blanchi c’è Mourinho e che le occasioni non si buttano. Quindi dipende da quanto riesce a ingolosirlo chi lo cerca.\r\nAl Liverpool lascia anni ruggenti, una Champions che resterà nella memoria, 76 giocatori acquistati durante il suo regno e due terzi sono ancora lì, hanno meno di 23 anni e sono costati al massimo 6 milioni. Un lascito che lo racconta e forse anche l’ultimo legame, nostalgia e voglia di provarci ancora, di riconquistare il popolo che un tempo è impazzito per lui. «Don’t touch Rafa» è ancora il coro della Kop, ma è più un ringraziamento che un imperativo.\r\nIl Liverpool è stato valutato tra i 280 e i 340 milioni di euro, la Barclay avrebbe già ricevuto delle offerte, il gruppo «Spirit of Shankly» trattiene il fiato.\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\n\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it