Gabriele Gravina, presidente della Figc, spaventa la Juventus e i suoi tifosi in merito al caso Suarez. Intervistato dal quotidiano La Verità, il numero uno della Federcalcio è tornato sull’esame sostenuto a Perugia dal centravanti uruguayano: “Ho letto quello che è stato scritto sui giornali – dice Gravina – la Procura federale ha chiesto gli atti alla Procura della repubblica. Non appena li metterà a disposizione, la vicenda verrà approfondita anche dal punto di vista sportivo con serietà e imparzialità”.
Ma cosa c’è di sportivo nella vicenda? La Juventus e i suoi tesserati non sono indagati per l’esame di Suarez, bensì l’avvocato Chiappero e Fabio Paratici sono finiti nel registro degli indagati per “false dichiarazioni al pm”. Al momento non è stato istituito nemmeno un processo e non si vede a che titolo possa essere coinvolto il club. Il pool di Cantoen semrba stia cercando la talpa che avrebbe “avvisato” la Vecchia Signora convincendola ad abbandonare la trattativa, ma molto più semplicemente non c’erano i tempi per inserire il calciatore nella lista Uefa. Lo stesso Luis Suarez ha di recente sottolineato che la pratica l’avesse avviata lui stesso da un anno e che non vi fosse solo la Juventus sulle sue tracce. Eppure, sembra ci sia la volontà di colpire la società torinese anche a livello sportivo.
Per cosa? Il calciatore non è stato tesserato dalla Juve bensì dall’Atletico Madrid. Mai i bianconeri o qualcuno dei suoi tesserati hanno solo “tentato” di tesserare Suarez con documentazione insufficiente o addirittura falsa, semplicemente perché Suarez non aveva ancora nemmeno il passaporto. In cosa potrebbe intervenire la giustizia sportiva anche considerati i precedenti? In passato ci sono stati club che hanno tesserato calciatori con documenti falsi e li hanno fatti giocare per un intero campionato cavandosela con una multa. Davvero si vuole paragonare questa vicenda ad esempio al passaporto di Recoba o agli altri episodi che sono passati negli anni in cavalleria? Considerato quello che è successo nel 2006, non c’è però da stare tranquilli.