Costa cara all’associazione GiulemanidallaJuve la battaglia legale combattuta presso il Tar e il Consiglio di Stato per vedere cancellate le sentenze sportive partorite nel 2006 sulla vicenda Calciopoli. Proprio il Consiglio di Stato (relatore Roberta Vigotti, presidente Luigi Maruotti), ultimo grado di appello amministrativo, ha confermato il difetto di legittimazione dell’associazione di tifosi e azionisti Juve a costituirsi in vece del club (che non l’ha mai fatto) nelle sedi amministrative e bocciato il suo ricorso. In attesa delle motivazioni, la sesta sezione del supremo organo amministrativo non ha solo chiuso il capitolo del procedimento aperto da Glmdj, ma anche sanzionato il ricorrente a rifondere le onerose spese legali: 12 mila euro a Coni, Figc e Inter (che resisteva all’esposto per difendere lo scudetto del 2006), oltre che al Ministero dello sport, citato anch’esso nell’atto, che era stato bocciato dal Tar il 5 giugno 2008, per un totale di 40 mila euro.\r\n\r\nUna battaglia decisamente impari, quella combattuta dall’associazione, perché giocata con gli elementi del 2006: il procedimento non poteva prendere in considerazione i fatti nuovi emersi a Napoli, in assenza di un pronunciamento del Tribunale penale. Da parte interista si parla di cristallizzazione dello scudetto assegnato nel 2006 (una delle conseguenze delle sentenze contro cui ricorreva Giulemani). In realtà quell’assegnazione non era parte delle sentenze di giustizia sportiva, condizionate dalla parzialità del materiale in mano a Borrelli e Palazzi, come abbiamo scoperto e urlato qui. Al supremo giudice amministrativo interessava confermare (per evitare un insidioso precedente) il principio che i legittimati ad agire non siano gruppi o associazioni, per quanto rilevanti, di tifosi o anche azionisti, ma chi comanda nel club “danneggiato”.\r\n\r\nDi certo, però, il fronte che si oppone alla revisione di Calciopoli alla luce dei fatti nuovi emersi a Napoli brandirà la sentenza 8720 come atto conclusivo, tombale, ma il Consiglio di Stato non confuta quanto detta l’articolo 39 del codice Figc sulla revisione dei processi sportivi in caso di fatti nuovi (non posti all’attenzione del Consiglio di Stato ed emergenti in questi mesi) e non “cassa” il punto 20 del parere che indusse Rossi ad assegnare lo scudetto 2006 dove si parlava di profilo moralmente indiscutibile e di mancanza totale di coinvolgimento nei fatti degli assegnatari. Per quello ci sarebbe Palazzi che indaga, anche se dal 28 dicembre è fermo. Aspettava pure lui il Consiglio di Stato?\r\n\r\n(Di Alvaro Moretti per ‘Tuttosport’)