Antonio Giraudo è “mero concorrente nel reato” architettato da Luciano Moggi per i fatti di Calciopoli. Lo scrivono i giudici della quarta sezione della Corte di Appello di Napoli , che hanno depositato ieri le motivazioni della sentenza emessa nei confronti dell’ex amministratore delegato della Juventus. Giraudo, è stato condannato nel dicembre scorso a un anno e otto mesi per “associazione per delinquere” al termine del processo di secondo grado tenutosi con rito abbreviato. Nulla di nuovo, dunque, dalle carte di Napoli, cha paiono essere una sorta di copia/incolla delle motivazioni di primo grado.\r\n\r\nLe prova della colpevolezza di Giraudo, scrivono i giudici napoletani, “si fonda sui molteplici elementi. La duplice veste di consigliere federale e di dirigente di un club tra i più importanti e blasonati, per storia e prestigio acquisito nelle competizioni attribuiva all’imputato una particolare visibilità cui si accompagnava un concreto potere decisionale non solo nell’ambito proprio della squadra ma anche nelle questioni e relazioni esterne”. Insomma, per i giudici Giraudo influenzava il sistema essendo consigliere federale e anche ad di uno dei club più blasonati d’Italia. Che dire allora di Adriano Galliani, ad oggi ancora ad del Milan e vice-presidente di Lega? Non influenza nessuno? E Claudio Lotito? Presidente di una delle squadre più blasonate d’Italia e consigliere federale?\r\n\r\nChe il tutto sia stato una farsa ormai lo hanno capito tutti, anche coloro i quali avevano gridato “al lupo al lupo” 7 anni orsono. La riprova è che i giudici fondino ancora le loro tesi su fatti fin qui ampiamente crollati, come il salvataggio della Fiorentina, le cene e gli incontri cui partecipavano tutti i dirigenti, come testimoniato tra gli altri da Arrigo Sacchi a Napoli, e le grigliate arbitrali. I giudici fanno i (finti) tonti e scrivono ancora: “Ne costituisce riprova il rilevante ascendente esercitato nei rapporti con il vice della Figc, ben visibile nell’atteggiamento assunto nei confronti del presidente della Lazio Lotito, del quale decideva proprio assieme a Mazzini l’allontanamento dal gruppo di potere che aveva consentito la riconferma di Carraro; la deferenza manifestatagli in numerose occasioni dallo stesso Mazzini, da Lanese e dal designatore Bergamo (rilevante è la conversazione di questi con la Fazi a proposito della sua dedizione ai vertici juventini che avevano riposto in lui una fiducia ripagata nei fatti); l’ostracismo subito da Zeman, anche per suo volere; la diretta ingerenza nella vicenda di salvataggio della Fiorentina; l’incisività dell’apporto per la nomina dei designatori”.\r\n\r\nAlla prossima puntata della farsa…