Gigi Buffon: “la Juventus non mi ha affatto stancato”

Il conto alla rovescia è già partito. Nella testa di Gigi Buffon una data soltanto: martedì 28 dicembre. Quel giorno, dopo sei mesi di tormenti per l’intervento chirurgico alla schiena, il numero uno dei portieri tornerà ad allenarsi con la squadra. «Poi nel giro di venti giorni dovrei essere pronto per tornare in campo», prevede, spera. Nel frattempo ha svolto ancora allenamenti personalizzati con il preparatore Luison e con Filippi, il personal trainer dei portieri, quello che ha introdotto l’infernale macchina spara-palloni che Gigi per ora si è limitato a osservare preoccupato e incuriosito: «È un’arma micidiale, ci sarà da divertirsi», spiega mentre sta per correre da Louis Thomas e David Lee, i figli di 3 e 1 anno entrambi messi ko dalla varicella.\r\nBuffon, invece, gode di buona salute ed è allegro, anche se negli ultimi giorni è di nuovo finito in mezzo alle polemiche. «I giornali ingigantiscono sempre ogni cosa», cerca di minimizzare, ma se qualcuno, vedi Gigi Del Neri, si fosse risparmiato qualche parola di troppo, non gli avrebbe fatto un dispetto. «Ma poi ha rettificato, si è spiegato meglio. Insomma, se pensate che mi sia arrabbiato o offeso vi sbagliate. Ne ho passate e viste tante, ora penso soltanto a tornare in campo con grande serenità». Certo, adesso sappiamo che anche Buffon non fa più parte della schiera degli intoccabili. Il tecnico ha già spiegato tutto a Del Piero, e bisognerà abituarsi a vedere due mostri sacri persi nei meandri del gruppone bianconero.\r\nCapita anche questo nella Juve. Alex ha già capito che aria tira, per Buffon non è ancora il momento dei verdetti. La sensazione è che non si senta affatto in discussione, che si aspetti la maglia di titolare quando sarà pronto al debutto. Questo senza togliere nulla ai meriti di Storari, che funziona benissimo e, secondo Gigi, c’è un perché: «Non ha più avuto problemi nel momento in cui la squadra ha trovato maggior equilibrio. Prima ha fatto il possibile». Ovvero, alla Juve ce n’è sempre soltanto uno che rende semplici le parate difficili.\r\nA difenderlo, nel frattempo, ha provveduto il suo procuratore, Silvano Martina. Parole forti che allenatore e società non hanno gradito. Gigi ha più voglia di giocare che di farsi valere. Come dire: se non lo capiscono da soli chi sono stato e ancora sarò, non posso farci nulla. Di sicuro la Juve non riesce a deluderlo. Dopo le perplessità iniziali, ora è rinato lo spirito di appartenenza: «Ho accettato la serie B e ne vado ancora fiero perché ha cementato il mio rapporto con la gente che si è fatta sentire vicina durante questi mesi. Non scappo adesso, non sono stufo di questa maglia. Quello di cambiare squadra è un problema che non mi pongo. La Juve si è ritrovata, si sta dimostrando squadra, in un campionato che è più livellato degli anni scorsi. Peccato aver perso la Coppa, perché se ad aprile dovessimo essere fuori dal giro scudetto, avremmo avuto un altro trofeo da conquistare. E anche se non era la Champions, la Juve ha sempre un nome da difendere».\r\nGigi non si sente appagato. È pronto a ripartire dalla Juve, e anche dalla Nazionale: «Ho parlato con Prandelli, mi aspetta, ho capito che sarò ancora titolare». Sirigu e Viviano, «giovani in gamba, ma danneggiati dall’essere messi sempre a confronto con me», sappiano che Buffon non intende farsi da parte: «Alla Nazionale non rinuncio. Quando non mi convocheranno più, vorrà dire che sono arrivato al capolinea e chiuderò con il calcio. Mi propongo come titolare per il 2014 in Brasile così giocherò il quinto Mondiale. E vorrei esserci pure in Russia quattro anni dopo. Mi pare che un posto anche soltanto da terzo portiere potrebbero concedermelo. Punto a diventare primatista assoluto in fatto di presenze nei campionati».\r\nIntanto ogni giorno migliora. Fisicamente e mentalmente. E si dedica anche ai bambini. Non li immagina calciatori: «Cosa faranno non mi interessa, l’importante è che ogni mattina si sveglino pensando che nulla è loro dovuto. Devono sapersi sacrificare, non voglio che vivano fuori dalla realtà perché crescono in una situazione privilegiata».\r\n\r\nCredits: La Stampa\r\nFracassi Enrico