Dieci milioni di italiani hanno il braccio listato a lutto. Il più gran partito di massa di questo nostro Paese, ossia il popolo juventino, non si dà pace. Quello che è successo di recente sui campi di calcio smentisce e avvilisce le ambizioni che erano di tanti, dopo la campagna acquisti estiva. Campagna in cui la dirigenza juventina sembrava aver centrato due colpi maestri. Lì avanti, poco dietro la linea dei punteros, un giocatore brasiliano capace di ogni meraviglia, Diego. Lì dietro, davanti alla linea dei difensori, un pezzo d’uomo che in qualcosa ricordava il fenomenale Emerson dei tempi migliori, Felipe Melo. I dieci milioni di confratelli avevano esultato. Ecco che è scemata la distanza tecnica da un’Inter che s’era meritata i tre scudetti vinti di seguito (tre e non quattro come ha scritto il mio amico Aldo Cazzullo nel suo bel “L’Italia de’ noantri” appena arrivato in libreria. Ti raccomando, Aldo, correggi nella seconda e di certo imminente edizione). Ecco che la Juve si presentava all’avvio del campionato come atta a competere per l’agognato scudetto, uno scudetto che noi aspettiamo dal 2006, quello strepitoso scudetto conquistato a 91 punti, uno dei più belli della storia juventina. Niente di tutto questo, stando ai risultati che sono sotto gli occhi. Altro che primato, altro che scudetto. La Juve attuale sembrerebbe da terzo se non addirittura quarto posto. Di certo un’Inter che appare persino più solida e quadrata di quella dell’anno scorso, è già avanti di quattro punti. Noi juventini avvilitissimi. Ed ecco che in molti si pongono le domande assolute , quelle su cui i filosofi si tormentano da secoli. Di chi la colpa? E naturalmente i babbei hanno la risposta pronta. Il colpevole è Ciro Ferrara, quello che non più di un mese fa veniva sacrificato come un giovane allenatore imbattibile.\r\nNon diciamo sciocchezze. Ciro non va in campo. Lui ha avuto una squadra ricca di talenti e di speranze e l’ha disposta in campo come doveva e poteva. E dunque non più il 4-4-2 che costituiva un dogma assoluto tanto di Fabio Capello quanto di Claudio Ranieri e bensì il famoso (e stramaledetto) rombo. Ossia quattro giocatori di cui uno viene posto alle spalle delle punte, Diego; due che presidiano la zona mediana del campo a interdire e, quando possibile, a proporre il gioco offensivo; uno dietro a protezione della difesa, l’apparentemente erculeo Felipe Melo. Che cosa succede nella realtà del campo? Che questa disposizione viene travolta se non umiliata da una buona parte delle squadre avversarie. Un giocatore del Bologna m’ha detto che nel secondo tempo loro erano convinti di potere stracciare gli juventini, da quanto erano cotti fisicamente e malmessi in campo. Nelle due partite di Champions, francesi e tedeschi ci hanno fatto vedere i sorci verdi. Contro il Palermo, un massacro degli innocenti. E domenica scorsa contro la Fiorentina di Prandelli è stata una grandissima difficoltà, ci poteva stare anche la sconfitta.\r\nMa come, «e i cinquanta milioni di euro spesi per Diego e Felipe Melo?», m’ha ribattuto Alberto Brandi durante l’ultima puntata di Controcampo. I soldi spesi non vanno in campo, chè altrimenti l’Inter di Moratti junior di scudetti negli ultimi vent’anni ne avrebbe vinti una quindicina. In campo vanno i giocatori, e il Diego che abbiamo visto in campo per adesso non mantiene le promesse di eccellenza che erano le sue. Contro la Fiorentina ha giocato troppo dietro, ma questo perché la Juve era andata male quando lui non retrocedeva a proteggere la difesa su cui si avventavano gli avversari inferociti. E poi c’è Diego, lì nella zona mediana del campo, non ha accanto chi parli il suo stesso linguaggio calcistico. Ve li ricordate quelli del Barcellona? Quando vanno in avanti palla ben attaccata al terreno, a fraseggiare alla grande sono in cinque o sei alla volta. Di personaggi alla maniera di Diego, loro ne hanno cinque o sei. Noi abbiamo Sissoko (reduce da un lungo infortunio) e Poulsen. Non è la stessa cosa.\r\nQuanto a Felipe Melo, rasenta il disastro. È lento e presuntuoso, se lo attacchi in velocità, lo uccidi e se lui perde la palla la nostra difesa va al massacro. Il resto, a cominciare dalla marea di infortuni, è secondario. E a meno che il bilancio che ho fatto non sia del tutto provvisorio e che il rendimento dei nostri due eroi cambi a cominciare da domani. Ho qualche dubbio in proposito, se non altro per scaramanzia. Di certo crocefiggere Ciro Ferrara è da babbei.\r\n\r\nPs. Che gran divertimento se Luciano Moggi si presenterà all’assemblea degli azionisti della Juve a chiedere conto e ragione del comportamento della proprietà in quella infame estate del 2006. Com’è che la proprietà non spese nè una parola, nè un soldo a difesa dell’onore della Juve e di una Triade che in 14 anni aveva vinto montagne di trofei? Com’è che il ramo familiare che discende da Umberto Agnelli, il ramo che si avvale a tutt’oggi della competenza professionale di Antonio Giraudo, non ha mai detto una parola sul come e sul perchè della catastrofe del 2006? Sì o no la famiglia proprietaria della Fiat ha ritenuto che prima venisse la Fiat? Tutte domande semplici semplici.\r\n\r\nCredits: Giampiero Mughini per Libero.it\r\nFracassi Enrico – Juvemania.it